Edoardo Malagigi ha insegnato per 40 anni all’Accademia di Belle Arti di Firenze e da tempo è impegnato a realizzare installazioni artistiche utilizzando come materia prima dei rifiuti.
Lo ha fatto nel 2009 in Sardegna a Pula (CA) dove ha coinvolto la popolazione locale realizzando “Schillellè”, un pesce lungo 8 metri, fatto di rifiuti che il mare riporta sulla terra ferma; bottiglie, scarpe, reti, legni, plastiche varie. Ha le sembianze del popolare muggine dal quale si estrae la “bottarga”.
Un’altra esperienza del genere lo ha visto protagonista nel 2013, a Naha la capitale dell’isola di Okinawa in Giappone. Sono stati raccolti migliaia di piccoli rifiuti arrivati dall’oceano al porto di Naha. Questi sono stati poi lavati e poi ancora piegati con la tecnica degli origami diventando così dei fiori da collocarsi all’esterno di una forma lunga otto metri simile al dugongo, un mammifero in via di estinzione, che ancora frequenta le coste dell’isola.


Nell’agosto del 2019 l’ho incontrato, intervistandolo, nella zona industriale di Pisa, in un capannone di Herambiente, dove – insieme ad un gruppo di volontari – stava costruendo un capodoglio lungo 12 metri, delle dimensioni reali di questo mammifero marino che vive nel Santuario dei cetacei Pelagos, che si estende fra la Liguria, la Corsica e la Toscana.
Si tratta di tetrapak usati, i diffusissimi contenitori di latte e bevande. Gli artisti ricavano da ciascun contenitore due “ondine” che poi vengono applicate sullo scheletro usando della colla a caldo. Ne sono state necessarie più di cinquemila di queste ‘ondine’, che vengono disposte come delle tegole su di un tetto, perché l’installazione artistica sarà esposta all’aperto e quindi in questo modo la pioggia potrà scorrere lungo la ‘pelle’ del capodoglio. Malagigi ha realizzato un capodoglio, chiamato “Giovanni”, per richiamare l’attenzione sul Santuario dei cetacei Pelagos, nel quale vivono questi mammiferi, insieme a tanti delfini ed anche balene.

La scelta di usare dei rifiuti, come i tetrapak usati, è una scelta culturale e fortemente voluta dall’artista che in questo modo vuole manifestare un forte impegno a tutela dell’ambiente, sposando in pieno la logica dell’economia circolare. Secondo Malagigi è possibile riusare i materiali ‘scartati’, diventati rifiuti, come materie prime seconde, l’artista li ha definiti la sua ‘nuova tavolozza’, che ha preso il posto dei tradizionali materiali usati per realizzare le tradizionali opere d’arte, il marmo, il legno, la pietra.
Una scelta che ha continuato a praticare di nuovo in Sardegna con l’operazione “Foca Monaca”, un’iniziativa rorganizzato dall’associazione Earth Gardeners, in collaborazione con la Cooperativa Diomedea e la LIPU.
Il progetto Operazione Foca monaca e le diverse attività che lo compongono sono finalizzate a far conoscere, a far “diventare popolare”, la Foca monaca (Monachus monachus) per evitare che venga disturbata nel caso decida di fermarsi sulle coste sarde perché è davvero indispensabile che si eviti di disturbarla nei luoghi di avvistamento.

Fra le iniziative del progetto la realizzazione di due opere d’arte collettiva dirette da due artisti di fama internazionale, appunto Edoardo Malagigi e Angela Nocentini, docente di Scultura per la scenografia e Anatomia artistica all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Le due opere rappresentano Foche monache in dimensioni naturali costruite con cartoni sottratti al macero e pasta di giornali invenduti.


ll laboratorio di costruzione delle strutture portanti è iniziato il 2 ottobre 2021 a Sassari nei locali messi a disposizione dalla libreria Messaggerie sarde, partner e sponsor del progetto, con la costruzione della struttura portante di una foca e lo “scheletro” dell’altra, utilizzando le scatole in cartone che accolgono per il trasporto i libri della storica libreria sassarese. La pasta di giornale con cui sono state ricoperte le strutture da tutti i cittadini che parteciperanno, simulerà la pelle.
Il laboratorio collettivo finale si è tenuto presso la stessa libreria dal 10 al 12 aprile 2022 per essere successivamente consegnata all’Area Marina Protetta di Capo Carbonara a Villasimius che la esporrà nel Museo del Mare.
Per Edoardo Malagigi l’opera finale realizzata grazie al contributo di tante persone che hanno partecipato al laboratorio conclusivo: “Sembra un oggetto preistorico, una pietra, e ha una pelle molto piacevole al tatto.”




