Agenzia Europea per l'Ambiente - EEA Qualità dell'aria

I dati delle polveri fini PM2,5 in oltre 1.500 stazioni di monitoraggio in tutti i paesi dell’Unione Europea nel 2021

In precedenti articoli abbiamo visto che l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha messo a disposizione di tutti la banca dati dei risultati che ogni nazione trasmette relativamente ai risultati del monitoraggio della qualità dell’aria.

I dati sono relativi alle stazioni di monitoraggio presenti nei paesi dell’Unione Europea ed anche a numero paesi extra UE che comunque fanno parte dell’Agenzia o con essa cooperano. Nella banca dati sono disponibili dati fino dalla fine degli anni novanta (relativamente ad un numero ridotto di stazioni, via via crescente fino ad arrivare alle oltre 3.000 stazioni di monitoraggio degli ultimi anni.

Dopo aver visto la situazione del particolato PM2,5 nel 2020  e l’andamento dello stesso indicatore per un lungo periodo di tempo (2006-2020) in Europa relativamente all’indicatore “media annuale”che maggiormente rappresenta l’esposizione media della popolazione, in questo articolo vediamo come è andata la situazione nel corso del 2021.

Caratteristiche del particolato fine (PM2,5)

Con il termine particolato atmosferico ci si riferisce a quelle particelle sospese e presenti nell’aria che ogni giorno respiriamo e che di solito sono chiamate polveri sottili o pulviscolo. La sigla PM deriva dalle iniziali delle due parole inglesi Particulate Matter (tradotte in italiano con il vocabolo materiale particolato), mentre il numero 2,5 sta ad indicare la grandezza del diametro della particella che può variare fino a 2,5 micron o micrometri (1 micron=1 milionesimo del metro).

Il PM2,5 è chiamato anche frazione respirabile, in quanto queste particelle più piccole possono invece arrivare in profondità nei polmoni. 

Il particolato, considerato un buon indicatore della qualità dell’aria, è formato da un insieme di particelle solide di diversa natura, composizione chimica e dimensione (tra 10 e 2,5 micron); può essere del tutto differente da città a città in base allo sviluppo del centro urbano e alla presenza di industrie, ai combustibili utilizzati e al clima. Numerose sostanze chimiche, come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ed i metalli (quali piombo, nichel, cadmio, arsenico, vanadio, cromo), possono aderire alla superficie delle polveri sottili determinando effetti sulla salute della popolazione esposta.

Il PM2,5 è presente nell’aria a seguito di:

  • eventi naturali, come l’erosione, causata dal vento, di rocce ed altre superfici, la formazione di aerosol marino, le tempeste di polvere, gli incendi o la fuoriuscita di gas dai vulcani
  • attività umane che utilizzano combustibili fossili o biomasse, come nelle lavorazioni artigianali ed in quelle industriali (ad esempio nelle centrali termoelettriche, raffinerie, nelle industrie chimiche, del cemento e dell’acciaio), ma anche in attività quotidiane come cucinare, riscaldare, trasportare merci o utilizzare veicoli a motore. Il PM2,5 è infatti uno dei principali componenti dei gas di scarico degli autoveicoli, degli impianti industriali e delle emissioni portuali

Il particolato atmosferico rimane nell’aria per un tempo abbastanza lungo e può, quindi, essere trasportato anche per grandi distanze. Fenomeni atmosferici come il vento e la pioggia aiutano a diluire ed abbassare i livelli di PM2,5 nell’aria, facendolo ricadere e depositare al suolo.

PM2,5, effetti sulla salute e limiti di legge

Il particolato atmosferico presenta una differente tossicità a seconda della provenienza. Ad esempio, quello derivato da attività umane è generalmente più tossico rispetto a quello determinato da fenomeni naturali.

L’esposizione al pulviscolo più piccolo (PM2,5) è stata associata ad un aumento della mortalità per malattie respiratorie e ad un maggior rischio di tumore delle vie respiratorie. I tumori sono stati collegati anche alla presenza di sostanze cancerogene attaccate alla superficie delle particelle (come gli idrocarburi policiclici aromatici-IPA nel caso della fuliggine) che, attraverso il PM2,5 possono arrivare fino alla parte più profonda dei polmoni, dove sono assorbite dall’organismo.

Nelle persone sensibili come asmatici, individui con malattie polmonari, malattie cardiache e negli anziani è ragionevole aspettarsi un peggioramento delle loro condizioni e dei loro disturbi. I bambini fino a 12 anni, avendo una frequenza di respirazione doppia, introducono nei polmoni volumi d’aria maggiori rispetto agli adulti e possono essere a maggior rischio per alcuni effetti respiratori come gli attacchi di asma bronchiale.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’aggiornamento del settembre 2021 delle linee guida sulla qualità dell’aria, effettuata sulla base delle evidenze scientifiche più recenti, ha stabilito una significativa riduzione del valore che viene raccomandato di non superare come media annuale di questo inquinante, che passa dai 10 microgrammi al metro cubo indicato dalle linee guida del 2005 (mentre il limite di legge è di 25 µg/m3) a 5 µg/m3.

La Commissione Europea, nella recente proposta di revisione della Direttiva che regola a livello comunitario la qualità dell’aria, indica per il particolato fine PM2,5 un valore limite come media annuale da introdurre dall’1.1.2030 di 10 µg/m3.

Nell’articolo confronteremo i dati rilevati dalle stazioni di monitoraggio con questi tre valori: 5, 10 e 25.

La normativa attuale non prevede un limite reltivo al numero massimo di superamenti in un anno del limite giornaliero. Le Linee Guida OMS indicano un valore minore come limite giornaliero, 15 µg/m3, ed un numero massimo di tre/quattro superamenti in un anno. La proposta della Commissione Europea al 2030 introduce un limite giornaliero, indicato a 25 15 µg/m3, e prevede un numero massimo di 18 superamenti in un anno di tale limite.

Questi valori si riferiscono alle concentrazioni presenti in atmosfera (appunto microgrammi per metrocubo di aria) dalle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria (nel caso dell’Italia quelle delle agenzie ambientali che fanno parte del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente).

Per questo inquinante l’Italia è oggetto di una procedura di infrazione (2020/2299) ancora in corso, per il quale è stata “Messa in mora” ex Art. 258 TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).

La rete di monitoraggio del particolato PM2,5 in Europa

La normativa vigente prevede che risultino validi i dati rilevati dalle stazioni di monitoraggio con almeno una copertura del 90% nel periodo indicato, secondo l’indicatore utilizzato. In questo caso si tratta della media annuale per il 2021. Nella banca dati EEA confluiscono i dati di tutte le stazioni di monitoraggio, indipendentemente dalla percentuale di dati validi, per cui la prima operazione da svolgere è quella di “depurare” i dati da quelli che non raggiungono questo standard minimo.

Complessivamente risultano nella banca dati EEA per il 2021 presenti 1.932 stazioni di monitoraggio nei 27 Paesi UE (non sono disponibili dati per questo inquinante in Slovenia), di cui 366 (61 in Italia) con una copertura di dati validi inferiore al 90%. Per cui i dati che presentiamo di seguito si riferiscono alle rimanenti 1566 stazioni di monitoraggio.

Secondo i criteri dell’ Agenzia Europea per l’ambiente (EEA) le stazioni di misura della qualità dell’aria vengono classificate a seconda delle tipologia della stazione e dell’area e delle caratteristiche della zona:

  •  Fondo  – stazioni ubicate in posizione tale che il livello di inquinamento non sia influenzato prevalentemente da specifiche fonti (industrie, traffico, riscaldamento residenziale, etc.) ma dal contributo integrato di tutte le fonti poste sopravento alla stazione rispetto alle direzioni predominanti dei venti nel sito;
  •  Traffico  – stazioni ubicate in posizione tale che il livello di inquinamento sia influenzato prevalentemente da emissioni da traffico, provenienti da strade limitrofe con intensità di traffico medio alta; 
  •  Industriale – stazioni ubicate in posizione tale che il livello di inquinamento sia influenzato prevalentemente da singole fonti industriali o da zone industriali limitrofe; 
  •  Urbana – stazione fissa inserita in area edificata in continuo o almeno in modo predominante; 
  •  Suburbana – stazione fissa inserita in area largamente edificata in cui sono presenti sia zone edificate che zone non urbanizzate;
  •  Rurale (R) – stazione inserita in contesti non urbani e non suburbani.

La stazioni di rilevamento devono essere posizionate in modo da essere il più possibile rappresentativa dello stato della qualità dell’aria ell’agglomerato o della zona in cui sono poste, e della tipologia di stazione che interpreta. Infatti una rete di rilevamento deve avere stazioni localizzate sia in posizioni di fondo, capaci di rilevare l’inquinamento diffuso in modo generalizzato nel territorio, che in posizioni di picco, ad esempio in prossimità di vie di traffico, così da valutare la qualità dell’aria in casi critici (sebbene comunque diffusi sul territorio e connessi alla reale esposizione della popolazione ), in aree o all’interno di zone dove si raggiungono i livelli più elevati di concentrazione a cui la popolazione sia esposta per un periodo di tempo significativo.

Nella recente proposta di revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria è indicato per ciascun inquinante il numero minimo di stazioni che devono essere presenti in proporzione alla popolazione.

Nei seguenti due grafici interattivi sono indicate per ciascun Paese UE la classificazione delle 1.566 stazioni di monitoraggio che presentano dati validi per la media annuale del particolato PM2,5 nel 2021. (Allegato III)

Dalle due tabelle risulta evidente, per questo inquinante, ha la rete di monitoraggio più estesa.

La media annuale del PM2,5 nel 2021 confrontata con i valori soglia dell'Unione Europea e della OMS

Come già indicato, nella mappa e nei grafici interattivi che seguono presentiamo i dati relativi al numero di stazioni di monitoraggio che hanno rilevato valori di PM2,5 nel 2021 in relazione a tre diverse soglie:

  • 5 µg/m3: valore indicato dalle Linee guida OMS del 2021 da non superare per la tutela della salute umana;
  • 10 µg/m3: valore limite indicato dalla Commissione Europea, nella proposta di revisione della Direttiva sulla qualità dell'aria (e nelle LG OMS del 2005), da attivare a partire dall'1.1.2030;
  • 25 µg/m3: valore limite stabilito dalla Direttiva Europea vigente (Direttiva 2008/50/CE) e recepita dalle normative nazionali.

Nella mappa interattiva che segue (cliccando sul singolo Paese sono visibili i dati sul numero di stazioni per valori - media annua registrati nel 2021) risulta chiaro che al momento l'Italia (con Germania e Spagna il Paese con il maggior numero di stazioni di monitoraggio per questo inquinante) è il Paese, in termini assoluti, che supera nel maggior numero di stazioni di campionamento il limite proposto dalla Commissione Europea a partire dal 2030. Sono infatti 214 su un totale di 259 (82,6%), seguita dalla Polonia con 139 (97,9%).

Nella tabella interattiva successiva (cliccando sull'intestazione di ciascun campo è possibile ordinare in relazione alle diverse classi di valori) sono indicati i valori percentuali - per ciascun Paese UE - del numero di stazioni di monitoraggio che si collocano nelle diverse classi di valori per quanto riguarda la media annuale di PM2,5 rilevata nel 2021.

Dalla tabella emerge che, in termini percentuali, solamente il 3% delle stazioni di monitoraggio misurano attualmente valori inferiori a quelli raccomandati dall'OMS e meno della metà (44%) al di sotto del limite proposto dallalla Commissione Europea a partire dal 2030. Bulgaria, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Slovacchia, Romania, Ungheria, rep. Ceca, Italia e Lituania al momento hanno più di quattro quinti delle stazioni di monitoraggio che superano il limite proposto. Solamente Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Svezia e Portogallo hanno meno del 10% delle stazioni con una media annua superiore a questo valore.

La situazione in Italia

Nel grafico che segue è riportato l'andamento nel decennio 2012-2021 dei risultati in termini é per le diverse soglie della percentuale di stazioni di monitoraggio che si collocano nel relativo intervallo di valori.

Si evidenzia una situazione in lento miglioramento, limitatamente al rispetto del valore di legge, che nel 2012 era superato nel 21,59% delel stazioni e nel 2021 nello 0,4%; per quanto riguarda i valori rispettosi delle indicazioni OMS 2005 che corrispondono alla proposta della Commissione Europea come limite dal 2030 erano il 3,8% e nel 2021 il 16,6%. Questa graduale tendenza però ha bisogno di interventi che possano incidere in modo più deciso per poter rientrare fra soli otto anni nei nuovi limiti.

Nella seguente tabella interattiva sono contenuti i risultati di tutte e 509 stazioni di monitoraggio italiane (con una percentuale di dati validi >90% nel 2021). Come già evidenziato solamente 2 (0,4%) hanno superato i limiti di legge, 134 (31,7%) si collocano fra 20 e 40 µg/m3, 337 (40,1%) fra 15 e 20, e 36 (7,1%) invece hanno registrato una media annua minore di 15 µg/m3, rispettando quindi le raccomandazioni dell'OMS per tutelare la salute umana.

Nella tabella è disponibile un campo di ricerca libero, con il quale è possibile ricercare una qualsiasi stringa di testo, es "Milano".

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