Nei precedenti articoli Quasi 2milioni e mezzo di persone vivono in aree a rischio elevato di alluvione in Italia e In quasi 400 comuni italiani le aree a rischio alluvione elevato sono più di un quarto del territorio, abbiamo visto i dati nazionalie e regionali e quindi provinciali e comunali dei territori, della popolazione, degli edifici, delle imprese e dei beni culturali a rischio alluvioni.
Dati contenuti nell’edizione 2021 del Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia recentemente presentato da Ispra, che fornisce il quadro di riferimento sulla pericolosità associata a frane e alluvioni, nonché sull’erosione costiera per l’intero territorio nazionale Dati che al contempo sono stati pubblicati nella piattaforma Idrogeo in formato aperto.
Un lavoro davvero prezioso svolto ormai da diversi anni da parte dei tecnici di Ispra, anche in collaborazione con le ARPA/APPA, che fornisce un quadro conoscitivo essenziale, dal quale dovrebbero partire – come affermato da numerosi interventi – politiche di tutela del territorio e di risanamento del dissesto idrogeologico, che davvero questi dati mostrano quanto siano indispensabili ed urgenti.
Il Rapporto Ispra evidenzia come le frane siano fenomeni estremamente diffusi in Italia, anche tenuto conto che il 75% del territorio nazionale è montano-collinare. Delle circa 900.000 frane censite nelle banche dati dei paesi europei, quasi i 2/3 sono contenute nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI) realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome.
I fattori più importanti per l’innesco dei fenomeni franosi sono le precipitazioni brevi e intense, quelle persistenti e i terremoti. Negli ultimi decenni i fattori antropici, quali tagli stradali, scavi, sovraccarichi dovuti ad edifici o rilevati, hanno assunto un ruolo sempre più determinante tra le cause predisponenti delle frane.
L’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia
L’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI), realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome, censisce le frane verificatesi sul territorio nazionale secondo modalità standardizzate e condivise. L’Inventario IFFI è la banca dati sulle frane più completa e di dettaglio esistente in Italia, per la scala della cartografia adottata (1:10.000) e per il numero di parametri ad esse associati (http://www.progettoiffi.isprambiente.it).
Le frane censite nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia sono oltre 625.000 e interessano un’area di quasi 24.000 km2, pari al 7,9% del territorio nazionale.
La classificazione delle aree a pericolosità frane
I dati Ispra, relativi alle aree di pericolosità frana, basati sui Piani di Assetto Idrogeologico (PAI), utilizzano una classificazione della pericolosità per l’intero territorio nazionale in 5 classi: pericolosità molto elevata P4, elevata P3, media P2, moderata P1 e aree di attenzione AA (DL 180/1998 e DPCM 29.9.1998). Le Aree di attenzione corrispondono generalmente a porzioni di territorio ove vi sono informazioni di possibili situazioni di dissesto a cui non è ancora stata associata alcuna classe di pericolosità.
Nelle aree classificate a pericolosità da frana molto elevata (P4) sono consentiti esclusivamente: gli interventi di demolizione senza ricostruzione; gli interventi strettamente necessari a ridurre la vulnerabilità degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumità, senza aumenti di superficie o di volume e senza cambiamenti di destinazione d’uso; le opere di bonifica e sistemazione dei movimenti franosi; gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; la realizzazione di nuove infrastrutture lineari e a rete previste da normative di legge, dichiarate essenziali, non delocalizzabili e prive di alternative progettuali tecnicamente ed economicamente sostenibili; le pratiche per la corretta attività agricola e forestale con esclusione di ogni intervento che aumenti il livello di rischio; gli interventi volti alla bonifica dei siti contaminati; gli interventi di consolidamento e restauro conservativo dei beni culturali tutelati ai sensi della normativa vigente.
Nelle aree classificate a pericolosità da frana elevata (P3) sono generalmente consentiti, oltre agli interventi ammessi nelle aree a pericolosità molto elevata, anche gli interventi di ampliamento di edifici esistenti per l’adeguamento igienico-sanitario e la realizzazione di nuovi impianti di trattamento delle acque reflue e l’ampliamento di quelli esistenti, previo studio di compatibilità dell’opera con lo stato di dissesto esistente.
Nelle aree classificate a pericolosità da frana media (P2) gli interventi ammissibili sono quelli previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Gli interventi generalmente sono soggetti ad uno studio di compatibilità finalizzato a verificare che l’intervento garantisca la sicurezza, non determini condizioni di instabilità e non modifichi negativamente i processi geomorfologici nell’area interessata dall’opera e dalle sue pertinenze.
Nelle aree classificate a pericolosità da frana moderata (P1) è generalmente consentita ogni tipologia di intervento prevista dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
Le Aree di attenzione (AA) corrispondono generalmente a porzioni di territorio ove vi sono informazioni di possibili situazioni di dissesto a cui non è ancora stata associata alcuna classe di pericolosità. Ogni determinazione relativa ad eventuali interventi è subordinata alla redazione di un adeguato studio geomorfologico volto ad accertare il livello di pericolosità sussistente nell’area. In sede di redazione degli strumenti urbanistici devono essere valutate le condizioni di dissesto evidenziate e la relativa compatibilità delle previsioni urbanistiche.
La superficie complessiva, in Italia, delle aree a pericolosità da frana PAI e delle aree di attenzione è pari a 60.481 km2 (20% del territorio nazionale). La superficie delle aree a pericolosità da frana molto elevata è pari a 9.495 km2 (3,1%), quella a pericolosità elevata è pari a 16.891 km2 (5,6%), a pericolosità media a 14.551 km2 (4,8%), a pericolosità moderata a 12.556 km2 (4,2%) e quella delle aree di attenzione è pari a 6.988 km2 (2,3%). Se prendiamo in considerazione le classi a maggiore pericolosità (elevata P3 e molto elevata P4), assoggettate ai vincoli di utilizzo del territorio più restrittivi, le aree ammontano a 26.385 km2, pari all’8,7% del territorio nazionale.
Vediamo ora in dettaglio i dati nazionali e regionali. Un milione e trecentomila persone si trovano in aree a pericolosità elevata o molto elevata di frane, analogamente 565mila edifici, 85mila imprese e 12.500 beni culturali. Si tratta di numeri assai significativi, che non possono essere ignorati e che richiedono interventi di prevenzione importanti.
Nella mappa interattiva che segue, cliccando sulla singola regione sono visibili i dati per ciascuna classe di rischio relativamente alla superficie di territorio, popolazione, edifici, imprese e beni culturali. La mappa evidenzia in modo chiaro che da un punto di vista di popolazione a rischio frane, la Campania e la Toscana sono le regioni più esposte.
Nelle tabelle interattive che seguono,poi, sono disponibili i dati di tutte le regioni, per classificazione delle aree a pericolosità frane ed in relazione a tutte le dimensioni: territorio, popolazione, edifici, imprese e beni culturali a rischio.
Se Campania e Toscana sono le regioni che hanno una quantità di territorio maggiormente a rischio (molto elevato ed elevato) di frana, In termini percentuali è la Valle d'Aosta a staccare di gran lunga tutte le altre regioni.
Per tutte le dimensioni considerate (popolazione, edifici, imprese e beni culturali), Campania e Toscana si collocano ai primi due posti di queste poco appetite "classifiche", i posti successivi invece variano: per la quantità di popolazione a rischio seguono Liguria e Sicilia; per gli edifici Emilia-Romagna e Sicilia; per le imprese Emilia-Romagna e Piemonte; per i beni culturali Marche ed Emilia.Romagna.
In un prossimo articolo vedremo il dettaglio dei dati a livello provinciale e comunale.