L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha messo a disposizione di tutti la banca dati dei risultati che ogni nazione trasmette relativamente ai risultati del monitoraggio della qualità dell’aria.
I dati sono relativi alle stazioni di monitoraggio presenti nei paesi dell’Unione Europea ed anche a numero paesi extra UE che comunque fanno parte dell’Agenzia o con essa cooperano.
E’ possibile interrogare la banca dati per tipo di inquinante monitorato, per tipo di indicatore rilevato, per nazione, per anno, per tipologia ed area di riferimento della stazione di monitoraggio, per città; e tutti i dati sono scaricabili in formato aperto e riusabile. Sono disponibili dati fino dalla fine degli anni novanta (relativamente ad un numero ridotto di stazioni, via via crescente fino ad arrivare alle oltre 3.500 stazioni di monitoraggio degli ultimi anni. Sono presenti anche i dati relativi ai primi mesi del 2021.
Le stazioni di monitoraggio sono gestite generalmente dalle agenzie ambientali, nel caso dell’Italia dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA). Il sistema diffonde dati relativi all’andamento degli inquinanti monitorati, tuttavia se si mettono a confronto i dati pubblicati da SNPA e quelli ricavabili dalla banca dati EEA per gli stessi indicatori e gli stessi periodi si possono verificare piccole discrepanze, dovute essenzialmente al livello di validazione dei dati trasmessi a livello europeo (peraltro indicato nelle tabelle con i riferimenti alle singole stazioni) e di quelli diffusi in Italia.
Si tratta di un patrimonio informativo molto prezioso sia in termini di diffusione della conoscenza ambientale che per effettuare analisi approfondite sull’andamento della qualità dell’aria in Europa.
In questo e successivi articoli presenteremo, attraverso il consueto uso di grafici e mappe interattive, per alcuni degli inquinanti atmosferici più significativi estratti dalla banca dati EEA. Questa volta vediamo i dati relativi al PM10 o comunemente chiamate polveri fini. Si tratta di materiale particolato aerodisperso di diametro inferiore a 10 micron (μm) presente nell’aria che respiriamo. Può essere di origine naturale e/o antropica (riscaldamento, industrie, traffico, fenomeni di attrito su strada, ecc.).
Le reti di monitoraggio per monitorare la qualità dell’aria presentano numeri ben diversi fra i paesi europei, va sottolineato che l’Italia ha il maggior numero di stazioni di monitoraggio, indicate tabelle che seguono in relazione alla classificazione delle stazioni di monitoraggio riguardo alle aree di riferimento in cui sono collocate (urbane, suburbane, rurali) ed alla loro tipologia (fondo, industriale, traffico). La normativa europea e nazionale indica i requisiti delle diverse tipologie e orientandone quindi la collocazione sul territorio.
Da un punto di vista di esposizione media della popolazione a questo inquinante, particolarmente significative sono le stazioni di monitoraggio urbane classificate come “di fondo”, cioè ubicate in posizione tale che il livello di inquinamento non sia influenzato prevalentemente da emissioni da specifiche fonti (industrie, traffico, riscaldamento residenziale, ecc.) ma dal contributo integrato di tutte le fonti). Invece le stazioni “industriali” e “di traffico” evidenziano le situazioni di esposizione della popolazione che si trova a lungo vicina a fonti specifiche di inquinamento atmosferico.
La normativa stabilisce poi che, ai fini della verifica del rispetto dei limiti stabili dalle norme europee e recepiti a livello nazionale, la percentuale di dati validi (al netto quindi di malfunzionamenti, guasti, ecc.) rilevati dalla stazione di monitoraggio in riferimento ad uno specifico indicatore (es media annua) sia almeno del 90%. Pertanto, mentre nella tabella che segue sono indicati queste percentuali, nelle tabelle successive sono considerati i risultati solamente delle stazioni di monitoraggio che risultano avere una % di dati validi maggiore del 90%.
La media annuale del PM10
Il primo indicatore significativo che è opportuno analizzare è quello relativo alla media annuale, che in qualche modo indica l'esposizione media della popolazione sul lungo periodo a questo inquinante. Non a caso si tratta di un indicatore per il quale è presente un limite stabilito a livello europeo e nazionale da non superare (40 microgrammi / metro cubo) ed un valore raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) da non superare per tutelare la salute umana.
Abbiamo visto in un precedente articolo che l'OMS ha recentemente aggiornato le linee guida sulla qualità dell'aria, che risalivano al 2005, indicando valori significativamente più ridotti, alla luce delle evidenze scientifiche più recenti. L'OMS in quella occasione ha evidenziato come PM2.5 e PM10 sono in grado di penetrare in profondità nei polmoni e PM2.5 può anche entrare nel flusso sanguigno, principalmente con conseguente impatti cardiovascolari e respiratori. Nel 2013, l’inquinamento atmosferico esterno e il PM sono stati classificati come cancerogeni dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’OMS.

I dati messi a disposizione dall'EEA permettono di effettuare confronti rispetto sia al limite di legge che ai valori indicati dalle linee guida OMS sia del 2005 (20 microgrammi per metro cubo) che del 2021 (15 microgrammi per metro cubo).
Come si può facilmente vedere nei grafici che seguono, riguardo alla conformità con il limite di legge viene rispettato sostanzialmente in tutti i paesi dell'Unione Europea di cui sono disponibili i dati (mancano quelli dell'Ungheria), mentre per i paesi non UE, ed in particolare in Turchia - dove sono presenti 87 delle 109 stazioni che in tutta Europa hanno superato i 40 microgrammi).
Se invece andiamo a verificare la situazione per quanto riguarda il rispetto dei valori indicati dall'OMS, già nel 2005, ed ancora di più per quelli più ridotti formulati nel settembre 2021, vediamo che la situazione è abbastanza diversa.
Per quanto riguarda i paesi dell'Unione Europea, la riduzione di 5 microgrammi indicata quest'anno dall'OMS fa sì che il numero di stazioni che hanno registrato un valore inferiore sia più che dimezzato. Infatti solo il 30% delle stazioni ha rilevato una media annua di PM10 inferiore a 15 microgrammi, mentre erano ben il 64% quelle con meno di 20 microgrammi.
Fra i cinque più grandi paesi dell'Unione (Italia, Francia, Germania, Polonia e Spagna) quello che si colloca in una posizione peggiore è la Polonia, seguita però a ruota dall'Italia, mentre soprattutto la Germania ha già il 60% delle stazioni di monitoraggio che hanno rilevato una media annua inferiore al valore raccomandato da non superare dall'OMS nel 2021.
Nella mappa e nella tabella che seguono sono disponibili i dati relativi a tutte le stazioni di monitoraggio (3.554) presenti nel data base EEA che hanno rilevato il PM10. E' possibile in entrambe le modalità vedere la media annua registrata nel 2020.
I giorni di superamento del limite giornaliero
L'altro indicatore previsto dalla normativa, che viene rilevato per evidenziare i giorni di esposizione acuta a questo inquinante, sono i superamenti del limite giornaliero (che è di 50 microgrammi per metro cubo nelle 24 ore). Limite che l'OMS nelle nuove linee guida 2021 raccomanda di ridurre a 45 microgrammi.
La normativa europea e nazionale prevede un numero massimo di giorni - 35 - che tale limite può essere superato in un anno, mentre le linee guida OMS del 2005 raccomandavano che questi giorni non fossero più di tre.
Anche in questo caso vediamo che i paesi che registrano il maggior numero di superamenti sono (nella UE) l'Italia e la Polonia, e fuori dall'Unione la Turchia. Al contrario, Germania e Francia rispettano nella notevole maggioranza delle stazioni anche il valore raccomandato dalle linee guida OMS del 2005.
Nella tabella che segue i dati di dettaglio di tutte le stazioni di monitoraggio.
Ottimo articolo, grande messe di dati, si leggono bene.
Bravo grazie
Alberto R
Grazie 😀