In un precedente articolo abbiamo visto che l’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) ha messo a disposizione di tutti la banca dati dei risultati che ogni nazione trasmette relativamente ai risultati del monitoraggio della qualità dell’aria.I dati sono relativi alle stazioni di monitoraggio presenti nei paesi dell’Unione Europea ed anche a numero paesi extra UE che comunque fanno parte dell’Agenzia o con essa cooperano. Nella banca dati sono disponibili dati fino dalla fine degli anni novanta (relativamente ad un numero ridotto di stazioni, via via crescente fino ad arrivare alle oltre 3.500 stazioni di monitoraggio degli ultimi anni. Sono presenti anche i dati relativi ai primi mesi del 2021.
Dopo aver visto in altri articoli la situazione del PM2,5 nel 2020 e del PM10 fra il 2001 ed il 2020, questa volta vediamo l’andamento del PM2,5, relativamente all’indicatore “media annuale”, che maggiormente rappresenta l’esposizione media della popolazione, per un lungo periodo di tempo (2006-2020) che permette di valutare le tendenze di medio-lungo periodo.
Rispetto al PM10 il periodo osservato è più breve di cinque anni perché il numero di stazioni di monitoraggio che rilevano questo inquinante inizialmente era molto ridotto ed è stato incrementato nel tempo.
L’analisi si concentra in particolare sui paesi più popolosi dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Polonia e Spagna) e sui dati riepilogativi dei paesi che attualmente aderiscono all’Unione e dei paesi che attualmente ne sono fuori, fra cui i principali sono Regno Unito e Turchia.
Il numero di stazioni di monitoraggio di cui sono disponibili i dati relativi alla media annuale del PM2,5 sono progressivamente aumentate dalle meno di 300 nel 2006 alle quasi duemila del 2020.
Ricordiamo che secondo l’OMS i rischi per la salute associati al particolato di diametro inferiore o uguale a 2,5 micron (μm) (PM2.5) sono di particolare rilevanza per la salute, in quanto il PM2.5 per le ridotte dimensioni può entrare nel flusso sanguigno, principalmente con conseguente impatti cardiovascolari e respiratori.

La media annuale del PM2,5 rilevata dalle stazioni di monitoraggio che hanno una percentuale di valori validi superiore al 90% (come prevede la normativa) può essere confrontata con il valore limite stabilito dalla normativa europea, che è di 25 microgrammi al metro cubo, e con i valori raccomandati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità nelle sue Linee Guida sulla qualità dell'aria, che sono state pubblicate nel 2005 - che indicavano un valore di 10 microgrammi per metro cubo da non superare per quanto riguarda la media annuale del PM2,5 - e recentemente (settembre 2021) aggiornate con valori ancora più cautelativi, alla luce degli studi scientifici più recenti, che per questo indicatore è stato fissato in 5 microgrammi per metro cubo.
I dati messi a disposizione dall'EEA permettono un confronto con tutti questi valori.
Vediamo che nel tempo si è senz'altro verificato un miglioramento della situazione, che ha portato nei paesi dell'Unione Europea ad un generalizzato rispetto del limite stabilito, che all'inizio del periodo considerato non veniva rispettato nel 17% delle stazioni di monitoraggio. Tuttavia più di metà delle stazioni di monitoraggio non rispettano le indicazioni dell'OMS (LG 2005) ed un numero veramente molto ridotto (4%) quelle più recenti del settembre 2021 che, evidentemente, sono decisamente sfidanti.
Per quanto riguarda il nostro Paese ancora nel 2020 vede la presenza di 6 delle 10 stazioni di monitoraggio che in tutta l'Unione Europea hanno superato il limite di 25 microgrammi per metro cubo. Certo se confrontiamo questo dato con quello dell'intero quindicennio vediamo che la conformità normativa è decisamente migliorata, ma complessivamente sono circa l'80% le stazioni di monitoraggio che registrano valori superi a quanto indicato dalle linee guida OMS del 2005, cioè superiori ad una media annua di 10 microgrammi per metro cubo.
Per quanto riguarda gli altri grandi paesi che compongono l'Unione Europea, a parte la solita Polonia che ha dati leggermente peggiori di quelli italiani, la situazione è decisamente migliore del dato complessivo dei paesi dell'Unione. In Francia oltre l'80% delle stazioni rispettano le LG OMS del 2005, anche se sono al di sopra di quelle del 2021, in Germania sono oltre il 70% ed in Spagna circa due terzi del totale.
Per i paesi non UE in questo caso la situazione non di discosta molto da quella complessiva dei paesi dell'Unione