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Ultime cronache del confronto generazionale sul clima

A cura di: Claudia Laricchia *

[E’ con grande piacere che ospitiamo su Ambientenonsolo questo articolo di Claudia Laricchia, una persona di grande spessore culturale, con la quale siamo entrati in contatto nell’ambito del Tavolo di PA Social “Ambiente e sostenibilità”. Siamo doppiamente contenti di questa opportunità perché riproponiamo una interessantissima conversazione di Claudia Lauricchia con Leonardo Lovati di Ultima Generazione. Si può essere più o meno d’accordo con i metodi adottati da questa organizzazione di giovani attivisti ambientalisti, ma sicuramente è essenziale ascoltarli, dialogare con loro, condividendone le preoccupazioni e l’urgenza di agire per contrastare l’emergenza climatica. Una consapevolezza molto poco presente nella politica italiana. M.T.]

Franco Battiato cantava  “passa la gioventù, non te ne fare un vanto. Lo sai che tutto cambia. Nulla si può fermare“.

Sono mesi che osservando la recente evoluzione del movimento ambientalista mondiale, e quindi naturalmente anche italiano, questa frase mi rimbomba in testa.

Mi continuavo a domandare: essere giovani oggi, conferisce uno status di immunità alle leggi morali, civili e penali? Essere giovani oggi significa davvero appartenere alla Generazione Z, Alpha, YOLO (i.e. You Only Live Once)?

Ma siamo sicuri che abbia ancora senso oggi, clusterizzare i giovani dentro pattern ricorrenti come si faceva per le indagini di mercato negli anni ’80? 

O forse tali pattern sono diventati inadeguati, all’interno di società liquide che rendono, se non impossibile, quantomeno inutile, utilizzare la discriminante anagrafica come aggregatore, preferendone ben altre, come banalmente emerge dall’abuso del digitale?

Le tante crisi che noi contemporanei ci troviamo ad affrontare oggi (economica, culturale, sociale, spirituale, sanitaria, climatica, ambientale, energetica, alimentare), non rendono davvero anacronistico parlare ancora di giovani, come di un sottoinsieme ancora più fragile di questa società? 

E poi fragile rispetto a chi, a cosa? 

Con questo spirito e questi dubbi, con la naturale propensione all’ascolto attivo e al rispetto delle posizioni divergenti, e onestamente con la genuina voglia di capire un gruppo di giovani che partono dai miei stessi ideali e arrivano a modalità antitetiche di manifestare l’attivismo ambientale, lo scorso 1 febbraio, su Instagram ho partecipato ad una diretta di Ultima Generazione, l’Associazione ambientalista più controversa di questa contemporaneità cangiante.

Avevo letto, come tutti, del loro modo di imbrattare opere d’arte o luoghi iconici innocenti, e come tutti mi ero indignata di fronte a quegli atti vandalici, consapevole che ci fosse una intenzione anche in questa provocazione che raccoglievo.

Così ho postato dai miei social personali, dall’account @ClaudiaLarix, “voi siete parte del problema. Voi non siete in alcun modo parte della soluzione”, rivolgendomi a Ultima Generazione.

E Ultima Generazione mi ha risposto, cominciando così un tentativo di reciproca comprensione, confluito nella diretta Instagram con Leonardo Lovati, il 23enne che ha imbrattato l’opera di Cattelan in Piazza Affari.

Per prepararmi a quella diretta, per non sprecare quell’opportunità, ho ascoltato decine di esperti, diplomatici, scienziati, climate shapers o leaders, giornalisti, mentee, fellows.

Mi sono così formata ad ascoltare prima di pretendere di educare, provando ad essere all’altezza del mio ruolo.

Il mio obiettivo era cioè capire e far capire l’importanza di non dividersi, come uno dei miei intervistati mi aveva detto, sul tema più urgente che l’umanità sta affrontando. L’umanità intera, senza “noi” o “loro”, senza “giovani” o “vecchi”, senza alcuna barriera. Senza pattern anacronistici per le indagini di mercato, perché in effetti lì dentro, la società liquida scivola parecchio. 

Ci sono riuscita?

Io non credo.

La diretta è stata sbilanciata. Ultima Generazione ha mostrato il fianco in troppi passaggi, vanificando, mi pare, l’enorme sforzo e anche il rischio parzialmente calcolato che si accolla.

Walter Veltroni in un articolo del Corriere della Sera del 28 gennaio scorso, si riferiva a Ultima Generazione citando Vittorio Gassman in  «C’eravamo tanto amati» e scrivendo che “il futuro è già passato“.

La diretta con Ultima Generazione è stata un futuro già passato. 

Sul punto, ho citato il Prof. Roberto Reali che nell’esprimere il suo parere su questo movimento provocatorio e sulla disubbidienza civile che ha scelto di intraprendere, ha fatto riferimento ai futuristi, che agli inizi del 1900 imbastivano proteste dai medesimi archetipi. 

Marinetti sparava, con una pistola vera, agli spettatori del Teatro nuovo a Milano, terrorizzando i borghesi. 

Ultima Generazione, chi vuole spaventare davvero? Chi sono i “loro” a cui provano a contrapporre un “noi”? Cosa significa che ci sono Associazioni elitarie, come dice Leonardo durante la diretta, citando addirittura Greenpeace? Non è forse in questa contrapposizione, per altro così piena di errori, che vive lo spirito divisorio che dovremmo evitare tutti? Il Prof. Reali lo sa. Sa che attirare l’attenzione su di sè è un’idea vecchia un secolo. 

Del resto, questi gesti attraggono l’attenzione sull’Associazione, ma non sulla crisi climatica. 

E in fondo dobbiamo passare tutti dal dire “basta, dobbiamo fare qualcosa” a “fare qualcosa”.

La rabbia che gli atti vandalici provocano in me e nella maggior parte della borghesia è stata analizzata nella diretta, partendo dalle riflessioni dello psicologo e neuroscienziato, Andrea Bariselli, fondatore di Strobilo.

In linea con quanto Ferdinando Cotugno, spiega nel suo libro “primavera ambientale”, la rabbia assume una connotazione nient’affatto nichilista. Ci si arrabbia con chi non fa abbastanza e abbastanza in fretta. Perché agendo di più e più in fretta, l’umanità si salverebbe. È cioè una riabbia piena di speranza.

Una speranza che nasce e si dipana in un arco temporale percepito dalle due generazioni in modo completamente diverso.

La “Ultima Generazione” sente che la clessidra si sta letteralmente svuotando e il futuro è un tempo molto piccolo. È già passato. 

La mia generazione, no. Per quanto sensibile alla questione ambientale, quando sentiamo la parola futuro noi arriviamo a immaginarci vecchi, stabili, non ci sentiamo in pericolo. E anche 5 anni di galera per i reati che qualche protesta fanno configurare, sono letti con discriminanti molto diverse. Persino il concetto di ‘fedina penale’ cambia, perché la percezione del tempo e del futuro è cambiata.

Tutto questo ha a che fare, come mi spiega Andrea Bariselli, con la dissonanza cognitiva, cioè con la mancata percezione del pericolo e della gravità della situazione che la scienza non esita a divulgare da anni e i cui numeri non lasciano spazio ad alcun equivoco. 

Di nuovo: dobbiamo passare tutti dal dire “basta, dobbiamo fare qualcosa” a “fare qualcosa”. Sarà per questo che, come mi ricorda Andrea Grieco, Extiction Rebellion, ha pubblicamente dichiarato “we quit” (https://www.instagram.com/extinctionrebellion/ Extinction Rebellion), suggellando cosi la fine di una fase che è quella che invece Ultima Generazione continua a perpetrare.

Su questo, molte voci che ho ascoltato, convergono. Porre fine alla fase 1, di mera protesta, ha senso? I tempi sono abbastanza maturi? 

Don Andrea Ciucci sostiene che reagire a situazioni negative è un ottimo atteggiamento, perché non si è indifferenti. Ma è questo il modo migliore?

Esattamente quanto emerso da questo “ultimo” confronto generazionale.

Nel 2022 l’IPCC – l’Intergovernamental Panel on Climate Change -, ha dato 8 anni al genere umano per applicare soluzioni dentro questo futuro.

Un futuro identico per tutte le generazioni del Pianeta, tranne per come lo percepiscono.

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Chi è Claudia Laricchia

Claudia Laricchia Dirige le relazioni istituzionali e gli accordi a livello globale del Future Food Institute. E’ docente al Master Agribusiness della Rome Business School sull’impatto della tecnologia applicata al cibo, sul cambiamento climatico.

Si è formata a Siena e a Pittsurgh con Al Gore sul cambiamento climatico e fa parte così del The Climate Reality Project. E’ climate shaper con la Future Food Academy, avendo ideato insieme alla Presidente il programma formativo con FAO. Ha scritto diversi paper e collaborato per alcuni libri del FFI relativi a food innovation e climate change. E’ componente del comitato scientifico di Food for Mind, di ANGI (Associazione Nazionale Giovani Innovatori), dell’Università degli Studi di Foggia, coordina il Patto per il clima e l’ambiente degli Stati Generali delle Donne, ed è mentor del programma per i giovani sotto i 21 anni, Aurora Fellows e coordinatrice dell’advisory board dell’associazione nazionale italiana Agtech Foodtech.

È Accademica presso l’Accademia dei Fisiocrotici di Siena, del 1691 e ha vinto 3 premi nazionali per il suo impegno per l’ambiente.

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