Alla COP30 la scienza non resta a margine: il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC)arriva in Brasile con un presidio tecnico che attraversa i nodi più caldi dei negoziati – foreste, riduzione delle emissioni, adattamento e perdite e danni, salute e resilienza delle coste – con l’obiettivo di mettere l’evidenza scientifica al servizio delle decisioni politiche.
Foreste oltre il “serbatoio di carbonio”: salute degli ecosistemi e TFFF
Le foreste tornano al centro, ma con una visione più ampia: non solo riserve di carbonio, ma sistemi viventi essenziali per la biodiversità, la fertilità dei suoli e la regolazione idrica.
Per Riccardo Valentini (autore IPCC, ecologo forestale e tra i fondatori del CMCC), «fermare la deforestazione non basta: serve un nuovo paradigma di gestione sostenibile di foreste, agricoltura e uso del suolo».
Nel dibattito entra il Tropical Forests Forever Facility (TFFF), fondo internazionale che punta a remunerare i Paesi tropicali che mantengono o aumentano la copertura forestale, collegando la tutela degli ecosistemi a ritorni economici concreti tramite i mercati del carbonio e gli investimenti sostenibili.
Valentini: «Foreste sane non solo immagazzinano più CO₂, ma sostengono la vita. Oggi la biosfera terrestre riassorbe circa il 30% delle emissioni globali: con cattiva gestione può scendere al 10%, con pratiche intelligenti può salire fino al 50%. Il monitoraggio costante è cruciale».
La finanza climatica che premia chi protegge
Sul TFFF interviene anche Carlo Carraro (economista, co-fondatore CMCC, già vicepresidente IPCC WGIII):
«È una svolta guidata dal Sud globale: per la prima volta i Paesi tropicali propongono un modello di finanza climatica che ribalta la logica economica che ha reso conveniente abbattere gli alberi».
Il fondo, del valore potenziale di 125 miliardi di dollari, combina risorse pubbliche e private e distribuisce pagamenti annuali ai Paesi che riducono misurabilmente la deforestazione.
Il ruolo della Banca Mondiale sarà decisivo nel garantire trasparenza e fiducia agli investitori.
Carraro sottolinea però la necessità di indicatori più ampi, che includano qualità degli ecosistemi, diritti delle popolazioni indigene e coerenza delle politiche settoriali, oltre alla sola copertura forestale.
Un elemento innovativo è la destinazione di almeno il 20% dei fondi direttamente alle comunità locali, riconoscendo il loro ruolo nella gestione sostenibile delle foreste.
Scienza, dati e tecnologie: misurare per decidere
Per evitare il rischio di greenwashing, la misurazione dell’assorbimento del carbonio deve essere rigorosa e verificabile.
Il CMCC sviluppa sistemi avanzati di modellazione e osservazione che integrano dati satellitari, intelligenza artificiale e misurazioni dirette, fornendo ai governi e alle istituzioni strumenti affidabili per pianificare politiche basate su dati reali.
«Siamo nell’era dell’osservazione digitale e della modellizzazione predittiva», spiega Valentini. «Queste tecnologie possono dare ai decisori la fiducia necessaria per costruire politiche climatiche fondate su evidenze, non su promesse».
Agricoltura rigenerativa: alternativa alla deforestazione
Alla radice della deforestazione tropicale c’è spesso un’agricoltura insostenibile, che consuma suoli e biodiversità.
Valentini propone pratiche rigenerative e tecnologie avanzate – come l’idroponica o i sistemi di monitoraggio digitale – per produrre cibo senza nuovi disboscamenti.
L’Europa offre un precedente con il Regolamento sul Carbon Farming (2024), che riconosce il ruolo agricolo nel sequestro del carbonio e apre nuove opportunità economiche per agricoltori e proprietari forestali.
«I Paesi in via di sviluppo non devono ereditare modelli produttivi obsoleti, ma accedere a tecnologie moderne che rendano l’agricoltura sostenibile e compatibile con la tutela delle foreste», aggiunge Valentini.
Dal dato alla decisione: il ruolo del CMCC alla COP30
La partecipazione del CMCC alla COP30 riflette un principio semplice ma decisivo: la scienza deve guidare le politiche.
Dalle foreste alla salute, dall’adattamento alla finanza climatica, la ricerca italiana si afferma come strumento di cooperazione internazionale e come ponte tra conoscenza e azione.
«Il futuro delle politiche climatiche dipende dalla qualità dei dati e dalla capacità di tradurli in decisioni», commentano dal CMCC. «A Belém portiamo questo messaggio: senza scienza non c’è fiducia, e senza fiducia non c’è azione».

