Il Rapporto 2025 sul consumo di suolo, le dinamiche territoriali e i servizi ecosistemici in Italia, pubblicato da ISPRA e SNPA, restituisce ancora una volta un’immagine inquieta del Paese.
Tra il 2023 e il 2024 sono stati coperti da nuove superfici artificiali oltre 80 chilometri quadrati di suolo: un’area pari a quasi undicimila campi da calcio, o a due volte l’estensione del lago Trasimeno. In termini percentuali, la quota complessiva di suolo consumato ha ormai raggiunto quasi il 10% del territorio nazionale, con punte superiori al 13% in pianura padana, lungo le principali dorsali infrastrutturali e nelle aree costiere.
Dove cresce il cemento
La crescita del consumo di suolo si concentra nei contesti urbani e periurbani, dove si moltiplicano nuove aree logistiche, centri commerciali, capannoni e infrastrutture.
Secondo il rapporto, più del 70% delle nuove coperture artificiali si colloca in aree agricole e naturali, spesso in prossimità di zone a rischio idraulico o franoso.
È una tendenza che attraversa l’intera penisola: dalle aree metropolitane di Milano, Roma e Napoli fino alle pianure del Veneto e dell’Emilia-Romagna, passando per le coste adriatiche e tirreniche, dove l’espansione edilizia continua a comprimere gli spazi liberi e la biodiversità.
Le trasformazioni territoriali sono in larga parte irreversibili: il suolo impermeabilizzato perde la capacità di assorbire l’acqua, accumulare carbonio, filtrare gli inquinanti e ospitare vita. ISPRA stima che ogni secondo, in Italia, vengano cancellati circa 2 metri quadrati di suolo naturale.
In termini di impatti, questo significa più isole di calore urbane, maggior rischio di allagamenti, perdita di fertilità e di paesaggio, oltre a costi crescenti per la collettività.
Il clima come moltiplicatore di rischio
Il rapporto 2025 lega in modo sempre più stretto il consumo di suolo alla crisi climatica. Le superfici impermeabili amplificano l’intensità e la pericolosità degli eventi estremi, riducendo la resilienza del territorio.
Nel 2024 oltre il 15% delle nuove urbanizzazioni è avvenuto in aree classificate a pericolosità idraulica media o elevata, e il 7% in zone a rischio frana.
Le ondate di calore urbane, sempre più frequenti e precoci, sono accentuate da piazze, parcheggi e tetti che accumulano calore: la differenza di temperatura tra città e aree rurali supera ormai i 4-5 gradi centigradi in molte giornate estive.
Gli autori del rapporto sottolineano la necessità di integrare la tutela del suolo nelle strategie di adattamento climatico e nei piani urbanistici locali, in coerenza con il Regolamento europeo sul ripristino della natura, che mira al recupero del 20% delle aree degradate entro il 2030.
Nasce il Geoportale nazionale del consumo di suolo
Una delle principali novità di questa edizione è la nascita del Geoportale nazionale del consumo di suolo: www.consumosuolo.it.
Si tratta di una piattaforma pubblica e gratuita, sviluppata da ISPRA e SNPA, che rende accessibili a cittadini, ricercatori e amministratori i dati territoriali più aggiornati.
Il portale integra cartografie interattive, serie storiche e indicatori a scala nazionale, regionale e comunale. È possibile consultare mappe, confrontare aree, scaricare dataset e visualizzare l’evoluzione delle superfici artificiali in tempo reale.
Per la prima volta, il monitoraggio del consumo di suolo è reso trasparente e navigabile, con un approccio “open data” che favorisce conoscenza, controllo pubblico e responsabilità amministrativa.
Le immagini satellitari Sentinel e i rilievi del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente permettono di rilevare anche micro-trasformazioni: aree industriali dismesse riconvertite, nuove aree verdi urbane, processi di rinaturalizzazione.
La piattaforma consente inoltre di analizzare le relazioni tra suolo, clima, biodiversità e servizi ecosistemici, fornendo strumenti operativi ai pianificatori locali.
Le regioni più virtuose e quelle più a rischio
Il Rapporto segnala segnali incoraggianti in alcune regioni, dove politiche di rigenerazione urbana e “saldo zero”stanno producendo risultati concreti.
In Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto diversi comuni hanno avviato interventi di de-impermeabilizzazione e riuso di suolo già urbanizzato, favorendo il recupero di aree industriali dismesse.
All’opposto, si confermano situazioni critiche in Campania, Puglia, Lazio e Sicilia, dove l’espansione edilizia e l’abusivismo restano problemi strutturali.
Secondo ISPRA, servono ora norme nazionali vincolanti per rendere operativo l’obiettivo europeo di azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050.
Il Parlamento europeo e la Commissione hanno più volte ribadito che la tutela del suolo è condizione necessaria per la sicurezza alimentare, la mitigazione climatica e la salute pubblica.
Il suolo come bene comune
Il messaggio finale del rapporto è chiaro: il suolo non è una risorsa rinnovabile.
Ogni metro quadrato perso richiede secoli per rigenerarsi. Difenderlo significa proteggere il paesaggio, l’equilibrio ecologico, la qualità dell’acqua e dell’aria, e la stessa stabilità delle comunità umane.
La sfida non riguarda soltanto urbanisti o tecnici, ma ogni cittadino, chiamato a riconoscere nel suolo un bene comune essenziale per la vita e per il futuro.

