Ambiente

Ripensare lo sviluppo umano: oltre il PIL e l’HDI tradizionale

A oltre trent’anni dall’introduzione dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI), l’International Science Council (ISC) propone una riflessione profonda sul modo in cui misuriamo il progresso delle società. L’HDI (Human Develpment Index), nato nel 1990, ha rappresentato un passo avanti decisivo rispetto al PIL, integrando parametri legati alla salute, all’istruzione e al reddito. Tuttavia, il mondo di oggi è molto diverso: la crisi climatica, le crescenti disuguaglianze e le sfide tecnologiche rendono evidente la necessità di aggiornare gli strumenti di misurazione.

Il documento sottolinea come lo sviluppo umano non possa più essere interpretato solo in termini di benessere materiale o accesso ai servizi, ma debba tener conto delle capacità delle persone di vivere in modo dignitoso, sicuro e sostenibile. L’idea di fondo è che i rischi globali – dal cambiamento climatico alle pandemie, fino alle instabilità geopolitiche – stiano ridisegnando i confini delle opportunità umane.

Tra i limiti dell’HDI tradizionale, l’ISC evidenzia due aspetti principali:

  • Scarsa attenzione alle disuguaglianze: Paesi con lo stesso HDI possono avere distribuzioni della ricchezza e dell’accesso ai servizi profondamente diverse.
  • Assenza di dimensioni ambientali e di sostenibilità: il degrado ecologico e la crisi climatica non trovano adeguato spazio negli indicatori attuali, pur avendo un impatto diretto sul benessere.

Per rispondere a queste lacune, il rapporto propone nuove metriche complementari. In primo luogo, indicatori capaci di misurare la resilienza delle società di fronte a crisi ambientali, economiche e sanitarie. In secondo luogo, strumenti che mettano al centro la qualità delle relazioni sociali, la fiducia nelle istituzioni e la partecipazione democratica.

Un punto centrale è il legame tra sviluppo umano e sostenibilità ambientale. Non può esserci progresso se questo avviene a spese delle generazioni future: per questo l’ISC invita a integrare indicatori di impronta ecologica, consumo di risorse e capacità di rigenerazione dei sistemi naturali.

Accanto alla dimensione ambientale, il documento insiste sulla necessità di un approccio che catturi meglio le interconnessioni globali: guerre, migrazioni, crisi economiche e climatiche mostrano quanto i destini dei Paesi siano interdipendenti. La misurazione dello sviluppo deve dunque andare oltre i confini nazionali e considerare gli impatti transfrontalieri.

L’ISC non propone di abbandonare l’HDI, ma di affiancarlo a un set più ampio di indicatori, capaci di restituire un’immagine più realistica e multidimensionale del progresso umano. In questa prospettiva, il PIL resta una misura utile dell’attività economica, ma non del benessere.

Il messaggio conclusivo del documento è chiaro: occorre una nuova grammatica dello sviluppo umano, che riconosca la complessità delle sfide contemporanee e offra strumenti concreti ai governi per politiche più inclusive, resilienti e sostenibili.

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