Kyoto Club Mobilità

ZTL – zone a transizione limitata: quando la mobilità sostenibile divide le città

La mobilità sostenibile è sempre più al centro delle politiche urbane, ma la sua diffusione non è né omogenea né neutrale. I rapporti “ZTL – Zone a Transizione Limitata”, realizzati da Kyoto Club e Clean Cities Campaign nell’ambito dell’Osservatorio Mobilità Urbana Sostenibile, mostrano con chiarezza come la transizione ecologica stia procedendo a velocità diverse all’interno delle stesse città, riproducendo – e in alcuni casi amplificando – disuguaglianze sociali, economiche e ambientali.

Il video della presentazione

Analizzando Bari, Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino a una scala inedita per il contesto italiano, quella dei Codici di Avviamento Postale (CAP), lo studio restituisce una fotografia dettagliata della geografia urbana della mobilità: non più solo città “virtuose” o “in ritardo”, ma quartieri centrali che avanzano rapidamente e periferie che restano bloccate in una dipendenza strutturale dall’automobile.

Dalle zone a traffico limitato alle zone a transizione limitata

L’acronimo ZTL viene volutamente reinterpretato. Non indica più soltanto le Zone a Traffico Limitato dei centri storici, ma le Zone a Transizione Limitata, ovvero quelle parti di città in cui l’accesso alle alternative all’auto privata – trasporto pubblico efficiente, ciclabilità sicura, spazi pedonali, mobilità condivisa – è scarso o insufficiente.

In questi quartieri l’auto non è una scelta individuale, ma una necessità quotidiana: per raggiungere il lavoro, la scuola, i servizi sanitari. Il risultato è un circolo vizioso fatto di più traffico, più emissioni, più costi per le famiglie e una maggiore esposizione all’inquinamento atmosferico, con effetti diretti sulla salute.

Una metodologia che fa emergere le disuguaglianze

Il valore aggiunto dei rapporti ZTL sta nella metodologia. Utilizzando indicatori omogenei e confrontabili – tasso di motorizzazione, composizione del parco veicolare, estensione di piste ciclabili e aree pedonali, diffusione e intensità del trasporto pubblico locale, uso della sharing mobility – i dati vengono rapportati sia alla popolazione residente sia all’estensione territoriale dei singoli CAP.

Questi indicatori confluiscono in indici sintetici normalizzati e, infine, in un indicatore complessivo di mobilità sostenibile, che consente di misurare lo scostamento di ogni quartiere rispetto alla media cittadina. Incrociando i risultati con reddito medio e densità abitativa, emerge con forza un gradiente socio-spaziale: dove il reddito è più alto, la mobilità è più sostenibile; dove è più basso, l’auto resta dominante.

Otto città, una frattura comune

Nonostante le differenze tra i contesti urbani analizzati, il quadro complessivo è sorprendentemente coerente. In tutte le città considerate, i CAP centrali presentano migliori livelli di accessibilità, una maggiore offerta di trasporto pubblico e una più alta quota di spostamenti sostenibili. Le periferie, al contrario, mostrano tassi di motorizzazione più elevati, un parco veicolare mediamente più inquinante e una minore disponibilità di alternative all’auto.

Milano rappresenta il caso più avanzato in termini di transizione, con un uso del trasporto pubblico elevato e una motorizzazione inferiore alla media nazionale, ma anche qui le periferie ovest e nord restano penalizzate. Roma e Napoli evidenziano una dipendenza dall’auto ancora molto forte, legata anche a una rete di trasporto pubblico meno capillare e affidabile. Palermo e Bari mostrano come la carenza storica di infrastrutture renda la transizione particolarmente difficile nei quartieri popolari. Bologna, Firenze e Torino si collocano in una posizione intermedia, con politiche urbane avanzate ma divari territoriali ancora marcati.

Mobilità e salute: un legame spesso invisibile

Le disuguaglianze nella mobilità non sono solo una questione di trasporti, ma hanno ricadute dirette sulla salute. I quartieri più dipendenti dall’auto sono spesso quelli più esposti all’inquinamento atmosferico e al rumore, con un carico sanitario maggiore per le popolazioni che vi risiedono. Allo stesso tempo, la mancanza di alternative sicure alla mobilità attiva riduce le opportunità di movimento quotidiano, incidendo su malattie croniche e qualità della vita.

In questo senso, i rapporti ZTL rafforzano una lettura di giustizia climatica urbana: chi contribuisce meno alle emissioni ha spesso meno strumenti per ridurle ulteriormente, mentre chi vive nei quartieri più sostenibili beneficia di un doppio vantaggio ambientale e sociale.

Oltre la tecnologia: la transizione come scelta politica

Uno dei messaggi centrali che emerge dallo studio è che la transizione ecologica non può essere ridotta a un insieme di soluzioni tecnologiche o a interventi puntuali. Estendere una linea di metropolitana o realizzare nuove piste ciclabili è fondamentale, ma non sufficiente se questi interventi non sono pensati come strumenti di riequilibrio territoriale.

Per Kyoto Club e Clean Cities Campaign, la mobilità sostenibile deve diventare una vera e propria politica redistributiva: portare trasporto pubblico rapido e frequente nei quartieri periferici, garantire continuità e sicurezza alle reti ciclabili, rendere economicamente accessibili abbonamenti e servizi di sharing, restituire spazio pubblico a pedoni e ciclisti anche fuori dai centri storici.

Dati per orientare le scelte future

I rapporti “ZTL – Zone a Transizione Limitata” dimostrano quanto sia importante disporre di dati granulari e leggibili per orientare le politiche urbane. Guardare solo alle medie comunali rischia di nascondere le disuguaglianze più profonde; scendere alla scala dei CAP consente invece di individuare con precisione le aree dove la transizione è in ritardo e dove gli interventi possono produrre i maggiori benefici sociali, ambientali e sanitari.

La mobilità, in questa prospettiva, diventa un vero diritto di cittadinanza. Senza un accesso equo alle alternative all’auto privata, la transizione ecologica rischia di restare incompleta e socialmente fragile. Al contrario, investire nelle “zone a transizione limitata” significa costruire città più sane, inclusive e resilienti, capaci di affrontare insieme la sfida climatica e quella delle disuguaglianze urbane.

I rapporti ed i grafici interattivi sono disponibili nelle pagine dell’Osservatorio dedicate alle città analizzate:

Rispondi

Translate »

Scopri di più da Ambiente e non solo...

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere