Ambiente

Incendi record nel 2025: l’allarme Copernicus sugli effetti su aria e salute

Il 2025 è stato un anno estremo per gli incendi boschivi nell’emisfero nord. A certificarlo è il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS), che nel suo monitoraggio continuo delle emissioni da incendi rileva valori senza precedenti in Europa e livelli eccezionali in Nord America. Un quadro che, pur non incidendo in modo determinante sulle emissioni globali di anidride carbonica, ha avuto forti ricadute sulla qualità dell’aria e sulla salute umana.

Europa ai massimi storici per le emissioni da incendi

Secondo CAMS, l’Europa ha registrato nel 2025 il più alto totale annuo di emissioni da incendi dall’inizio delle serie storiche nel 2003. Nell’Unione europea e nel Regno Unito le emissioni hanno sfiorato 13 megatonnellate di carbonio, il valore più elevato degli ultimi due decenni.

Gli incendi estivi hanno colpito in modo particolare la penisola iberica, dove ondate di calore persistenti, siccità estrema e venti intensi hanno alimentato roghi di grandi dimensioni in Spagna e Portogallo. In Spagna le emissioni annue sono balzate da livelli sotto la media a valori record in una sola settimana di metà agosto, con fumi trasportati fino al Regno Unito e al nord-ovest dell’Europa. In queste aree le concentrazioni superficiali di PM2.5 hanno superato di molto le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’esposizione giornaliera.

Anche il Regno Unito ha segnato il massimo storico del proprio dataset CAMS, spinto dagli incendi nella Scozia settentrionale tra fine giugno e inizio luglio. Nel Mediterraneo orientale l’estate è stata eccezionalmente severa: Grecia e Turchia hanno affrontato grandi focolai, mentre Cipro ha vissuto il peggior luglio degli ultimi cinquant’anni, raggiungendo il record annuo di emissioni in appena due giorni di incendi. Situazione critica anche nei Balcani, con episodi estremi in Albania, Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia.

Nord America: un’altra stagione estrema

Nel 2025 gli incendi hanno colpito duramente anche le regioni boreali del Nord America. In Canada sono state rilasciate circa 250 megatonnellate di carbonio entro il primo ottobre: il secondo valore più alto mai registrato e il terzo anno consecutivo di attività eccezionale. I fumi hanno coperto ripetutamente vaste aree del continente e, in più occasioni, hanno attraversato l’Atlantico raggiungendo l’Europa.

Negli Stati Uniti, l’inizio dell’anno è stato segnato da un grave episodio in California, nell’area di Los Angeles, innescato dalla combinazione di vegetazione estremamente secca e forti venti di Santa Ana. L’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF) descrive questa sequenza come un vero e proprio “hydro-climate whiplash”: dopo un periodo più umido, l’autunno e l’inverno eccezionalmente secchi hanno creato condizioni ideali per incendi intensi. Le concentrazioni di PM2.5 hanno raggiunto livelli pericolosi per la salute, mentre Washington State ha registrato le emissioni più alte di sempre per il mese di settembre. In Alaska, tra giugno e luglio, sono andati in fumo oltre un milione di acri.

Fumi senza confini e rischi per la salute

«Quello che abbiamo osservato nel 2025 è un insieme di incendi estremi in Nord America ed Europa, con effetti sulla composizione dell’atmosfera ben oltre le aree di origine», spiega Mark Parrington, senior scientist di CAMS. «Il monitoraggio globale mostra come l’intensità degli incendi e le emissioni aumentino quando siccità e temperature elevate convergono. Il fumo può degradare significativamente la qualità dell’aria e incidere sulla salute umana, rafforzando la necessità di un monitoraggio continuo e di azioni coordinate».

Le emissioni da incendi, sottolinea Copernicus, sono un indicatore efficace anche per altri inquinanti atmosferici – come PM2.5 e ossidi di azoto – responsabili di effetti acuti e cronici sulla salute, in particolare per le popolazioni più vulnerabili.

Un fenomeno globale, con forti differenze regionali

Record significativi sono stati osservati anche nella Russia dell’Estremo Oriente, con le emissioni più elevate per il periodo aprile–metà maggio dal 2018, e in Siria, dove agosto ha segnato il massimo storico. In Australia, il Northern Territory e il Queensland hanno registrato i valori di gennaio più alti rispettivamente dal 2014 e dal 2013.

A livello globale, l’Africa tropicale resta il principale contributore alle emissioni da incendi, nonostante una tendenza di lungo periodo al calo legata alla diminuzione degli incendi di savana. I dati indicano tuttavia che, pur con forte variabilità annuale, gli eventi estremi stanno aumentando su diverse scale continentali. Non ovunque, però, il 2025 è stato un anno critico: in parti del Sud-Est asiatico e del Sud America l’attività è rimasta sotto la media, con Bolivia e Brasile su livelli inferiori rispetto al 2024.

Monitorare per prevenire

Il quadro tracciato da Copernicus conferma come gli incendi boschivi non siano più un fenomeno locale, ma un fattore globale di rischio climatico, ambientale e sanitario. Rafforzare il monitoraggio, migliorare la prevenzione e ridurre le condizioni che favoriscono incendi estremi – a partire dal riscaldamento globale – diventa essenziale per proteggere ecosistemi, aria e salute delle popolazioni.

Il Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) è implementato dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF) per conto della Commissione europea.

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