Fabio Cavallari Raccolta differenziata Riciclo

L’umido e il decoro. (Il compost tra cittadinanza e disuguaglianza)

di Fabio Cavallari

[Gli articoli di Fabio Cavallari per Ambientenonsolo]

A Torino Nord il compost è un problema. A Milano Isola è una scelta. Nel primo caso è una questione di cassonetti scoppiati, svuotati in ritardo, lasciati lì a fermentare tra incuria e assenza di impianti. Nel secondo è un kit da 79 euro, venduto con manuale illustrato, startup dedicate al ciclo dell’organico, app per monitorare il compost domestico.

Anche l’umido, in Italia, è diventato un marcatore sociale. Una forma invisibile di separazione. Un rifiuto che misura le distanze tra chi può trasformare la raccolta in gesto civile, e chi la subisce come disagio. L’organico è diventato un fatto culturale. E un indice eloquente di diseguaglianza.

Secondo ISPRA, nel 2023 la raccolta dell’organico ha raggiunto il 38,3% del totale differenziato, pari a 7,5 milioni di tonnellate. Ma dietro la media, ci sono due Paesi. Nel Nord – Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna – l’umido è gestito con continuità. Gli impianti funzionano. La filiera è presente. La Sardegna, sorprendentemente, è la regione più virtuosa: solo il 2,9% dei materiali raccolti è contaminato da errori, contro una media nazionale del 6,2%. Nel Sud, invece, la raccolta organica è ancora fragile. Mancano gli impianti. Manca la comunicazione. Mancano percorsi educativi. L’organico si sporca, si confonde, si perde.

Ma il dato ambientale non basta. Il compost è anche un segno. In alcuni quartieri è parte della narrazione sostenibile. È un gesto consapevole, estetico, simbolico. Una prova di adesione ai valori giusti. Compostare diventa un atto morale. Un segnale d’appartenenza alla nuova cittadinanza ecologica. Altrove è solo un odore che si cerca di nascondere. Una presenza molesta, da gestire in silenzio, senza risorse, senza formazione, senza alternative. Una pratica faticosa, frammentata, non accompagnata da alcuna pedagogia ambientale. Chi vive in questi quartieri non ha ricevuto strumenti, né informazioni adeguate, né mezzi per trasformare un obbligo in scelta. E così il compostaggio resta una routine maldestra, imposta senza voce, senza linguaggio, senza rappresentazione. Un gesto che si compie senza sapere perché, senza sapere come, e soprattutto senza poterlo raccontare come gesto di valore.

Così, l’umido diventa specchio. Racconta chi sei, dove vivi, quale linguaggio ambientale puoi permetterti. Compostare non è solo un’azione. È una cornice. Dove funziona, il quartiere ha avuto accesso a strumenti, fondi, pianificazione. Dove non funziona, il quartiere è stato escluso. Non solo dai benefici, ma anche dalla narrazione. Perché nel mondo che abbiamo costruito, anche l’umido ha bisogno di comunicazione, di riconoscimento, di rappresentanza.

Oggi il compost è un gesto tecnico, sì. Ma anche politico. Un termometro silenzioso della qualità democratica di una città. Un rifiuto che interroga le politiche urbane, la pedagogia civica, le diseguaglianze ambientali.

Forse è da lì che bisogna ripartire. Dall’umido come diritto urbano, non come moda. Come garanzia civile, non come estetica del riciclo. Perché anche l’organico ha dignità. E ogni scarto, quando è rispettato, restituisce valore. Non solo alla terra. Ma a chi ci abita sopra. E non sempre ha voce.

2 thoughts on “L’umido e il decoro. (Il compost tra cittadinanza e disuguaglianza)

  1. Ottimo servizio d’informazione vorrei proporre nella Municipalità di Pirri la proposta di Milano per la compostezza singola da acquistare da 79 euro. Come posso fare ?

  2. Nel comune di Milano, la gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, inclusi quelli differenziati, è affidata ad AMSA (Azienda Milanese Servizi Ambientali). Provi a chiamare gli uffici. F.C

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