Mentre i leader mondiali si riuniscono alla COP30 per definire la traiettoria climatica globale, un nuovo rapporto delle Nazioni Unite evidenzia progressi concreti – ma ancora insufficienti – nella protezione delle popolazioni dagli eventi meteorologici estremi.
Secondo The Global Status of Multi-Hazard Early Warning Systems 2025, pubblicato dall’Ufficio ONU per la Riduzione del Rischio di Disastri (UNDRR) e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), 119 Paesi nel mondo – circa il 60% del totale – dispongono oggi di un sistema di allerta precoce multi-rischio, in grado di avvisare tempestivamente la popolazione in caso di uragani, ondate di calore, alluvioni, incendi o altri disastri naturali. Si tratta di un incremento del 113% rispetto a dieci anni fa, segnale di un impegno crescente verso l’obiettivo “Early Warnings for All”, che punta a garantire entro il 2027 un sistema di allerta per ogni persona sul pianeta.
Progressi diseguali
La qualità dei sistemi, misurata in base alla loro “completezza”, è migliorata del 45% dal 2015, con l’Africa che segna il progresso più alto (+72%), pur restando il continente con i punteggi più bassi. Tuttavia, le piccole isole in via di sviluppo rimangono particolarmente vulnerabili, con solo il 43% dotato di sistemi efficaci.
Le regioni con la maggiore copertura sono Asia-Pacifico (72%), mentre Americhe e Caraibi (51%) restano in ritardo. I Paesi meno sviluppati, pur avendo raddoppiato i propri punteggi di completezza, mostrano ancora forti lacune in termini di capacità tecnica e finanziaria.
Nel complesso, il rapporto conferma che i sistemi di allerta precoce salvano vite: la mortalità legata ai disastri è quasi sei volte inferiore nei Paesi con sistemi completi, rispetto a quelli con capacità limitate. Ma la sola presenza di un sistema non basta: è necessario che tutti i suoi quattro pilastri – monitoraggio, comunicazione, risposta e conoscenza del rischio – funzionino in modo integrato.
Prevedere e agire
La conoscenza del rischio – il pilastro più debole – ha visto un miglioramento del 16% dal 2022, ma solo un terzo dei Paesi dispone oggi di strumenti adeguati per la raccolta e l’analisi dei dati. L’introduzione del nuovo sistema di monitoraggio DELTA Resilience dovrebbe contribuire a colmare questo divario.
Nel frattempo, cresce anche la propensione all’azione preventiva: il numero di evacuazioni tempestive è aumentato significativamente, in particolare nei Paesi arabi, segno che una maggiore consapevolezza del rischio porta a decisioni più rapide e salvavita.
“Investire in adattamento e resilienza”
“La crisi climatica sta accelerando. Incendi record, alluvioni, super tempeste… stanno distruggendo vite, economie e decenni di progresso,” ha dichiarato il Segretario Generale dell’ONU António Guterres al vertice dei leader, rinnovando l’appello a “investire massicciamente in adattamento e resilienza, per garantire allerte precoci per tutti entro il 2027.”

Per Kamal Kishore, rappresentante speciale ONU per la riduzione dei disastri, “i disastri non sono né naturali né inevitabili. Anche di fronte alla crisi climatica possiamo interrompere la spirale delle perdite, ma dobbiamo accelerare l’attuazione del Quadro di Sendai e finanziare la resilienza nei prossimi cinque anni.”
La segretaria generale della WMO, Celeste Saulo, ha ricordato gli effetti devastanti degli ultimi eventi meteorologici in Giamaica, Filippine e Vietnam: “Senza previsioni e allerte preventive, le perdite umane sarebbero state molto più alte.”
Un’attenzione crescente per le ondate di calore estremo
In parallelo al rapporto, è stato lanciato un nuovo “Extreme Heat Risk Governance Framework and Toolkit”, sviluppato da UNDRR, WMO e Global Heat Health Information Network, per aiutare le autorità a migliorare la governance del rischio legato al calore estremo – uno dei pericoli in più rapida crescita a livello globale.
Le sfide che restano

Malgrado l’aumento dei finanziamenti, il rapporto denuncia una persistente frattura digitale e tecnologica tra Paesi, che limita la diffusione di sistemi moderni e accessibili. Inoltre, le risorse spesso non sono garantite nel lungo periodo per manutenzione e aggiornamento delle infrastrutture.
La chiave del successo, sottolineano gli autori, resta un approccio centrato sulle persone e co-sviluppato con le comunità locali, per assicurare che nessuno resti escluso.
“Gli allarmi precoci funzionano davvero solo se arrivano alle persone giuste, nel momento giusto, e se queste sanno come agire,” conclude il rapporto.
In sintesi, i sistemi di allerta multi-rischio stanno crescendo in numero e qualità, ma il mondo è ancora lontano dall’obiettivo di proteggere tutti. Restano ampie differenze tra regioni, persistono carenze nella conoscenza del rischio e nel finanziamento, e le piccole isole in via di sviluppo restano le più esposte. La sfida dei prossimi due anni sarà trasformare i progressi tecnici in una protezione equa, efficace e universale.
Fonte: UNDRR e WMO, Global Status of Multi-Hazard Early Warning Systems 2025, presentato alla COP30 di Belém.

