Ambiente Comunicazione e informazione Irene Ivoi

Un percorso fra le parole della comunicazione ambientale

Il 25 settembre si è svolta la presentazione online, tutta al femminile, del volume “Dove i fatti non arrivano. Antologia ragionata e appassionata della comunicazione ambientale”. Il testo si concentra sull’indagine di 50 parole (scritte da 30 autori/trici diversi/e).

L’incontro è stato moderato da Chiara Bianchini, coordinatrice tavolo ambiente e sostenibilità PA Social, sono intervenute due delle autrici, Rossella Sobrero e Irene Ivoi. La terza autrice in programma, Micol Burighel, non è potuta intervenire.

la registrazione dell’evento

Chiara Bianchini in apertura ha ricordato che il volume costituisce il capitolo conclusivo di una trilogia iniziata con il Libro Bianco sulla comunicazione ambientale (2020) e L’anello mancante(2022). 

Irene Ivoi, nel suo primo intervento ha evidenziato il coraggio dei due curatori del volume, Sergio Vazzoler e Stefano Martello, nel chiedere a trenta comunicatori/trici di raccontare 50 parole, con contributi soggettivi, che alla fine si sono dimostrati pienamente complementari. Il coinvolgimento delle persone con spirito di collaborazione e condivisione, pluralità di pensieri e interdisciplinarietà (si tratta di professionisti che lavorano nelle imprese, negli enti pubblici, docenti, ecc.) costituisce davvero un elemento di forza di questa pubblicazione.

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Rossella Sobrero, che nel libro ha scritto la parola “comunicazione”, ha esordito dicendo che “noi comunicatori/trici dobbiamo smettere di essere “cacciatori” che vogliono colpire un target, per essere, invece, “giardinieri” che vogliono curare dei pubblici, creando relazioni e mantenendole nel tempo”. I target vanno lasciati all’advertising, che – peraltro – sta invadendo in modo pervasivo tutti i campi.
Ha quindi osservato che in passato si è sbagliato a comunicare il rispetto dell’ambiente come un “dovere morale”, piuttosto occorre toccare la leva dell’ “egoismo”, visti gli effetti sull’umanità e sulla salute di ciascuno di noi della crisi climatica (definizione da preferire a cambiamento climatico).
La comunicazione ambientale deve parlare attraverso i fatti (dobbiamo dire quello che davvero facciamo) ed essere il più possibile chiara, diretta, semplice (ma non superficiale), coinvolgente: occorre rendere consapevoli i nostri pubblici (talvolta certi comportamenti sbagliati lo sono per mancanza di consapevolezza) e spingerli all’azione, responsabilizzandoli (sia essi individui, imprese o enti).

Irene Ivoi, che nel libro ha scritto la parola “gentilezza”, ha spiegato che ha iniziato a familiarizzarsi con questa parola quando ha studiato il design comportamentale attraverso il “nudge” (spinta gentile). Ha sottolineato che comunicare non è l’obiettivo ma il mezzo per indurre all’azione, ed in particolare a comportamenti sostenibili. Ha ricordato l’etimologia di gentilezza, che viene dal latino “gens“, ponendo quindi l’accento sui comportamenti più solidi e reciproci basati sul rispetto e la solidarietà che stanno alla base di legami familiari. Quindi la gentilezza va ben al di là delle “buone maniere”, significa prima di tutto rispetto degli altri. Costruire gentilezza nella cosa pubblica (iniziano ad esserci “assessorati alla gentilezza”) significa porre l’accento sulla “cura”. Ha quindi ricordato quando l’antropologa Margaret Meade alla domanda quale segno poteva indicare l’inizio della civiltà, lei rispose “un osso guarito”, proprio perchè questo comportava la “cura” di un persona da parte di un’altra.

Rossella Sobrero, che ha anche scritto nel libro la parola “sostenibilità”, ha sviluppato il ragionamento di Irene, proprio ponendo l’accento sulla “cura” del nostro territorio; sostenibilità si ha dove tutti rispettano gli spazi pubblici, creando anche “bellezza”, con stili di vita diversi da quelli improntati al consumismo. Queto vale per le persone come per le imprese, a questo proposito ha citato il fenomeno della simbiosi industriale fra aziende vicine dove una riutilizza gli scarti / rifiuti delle lavorazioni dell’altra in una logica di economia circolare. Certo che la crisi climatica riguarda una dimensione planetaria e interessa i comportamenti degli Stati, ma il cambiamento deve anche partire da noi stessi. La comunicazione – educativa – può dare il suo contributo nel far crescere la cultura della sostenibilità, senza però essere “barbosa” e “bacchettona”.

Irene Ivoi, ha proseguito la riflessione rilevando che la comunicazione deve costruire narrazioni nuove da cui possono derivare comportamenti diversi, occorre generare dubbi rispetto ai “monoliti” che abbiamo in testa.

In conclusione Chiara Bianchini ha chiesto alle due autrici quali parole del libro – diverse da quelle che hanno scritto loro – avevano richiamato la loro attenzione.

Rossella Sobrero ha indicato la parola “complessità” perchè tutto quello di cui si è parlato ha anche a che fare con essa.

Irene Ivoi, invece, ha indicato la parola “dato”, sottolineando però che oltre ai dati intesi come numeri, occorre riferirsi ai fatti che creano emozioni, toccando la “pancia” ed il “cuore” delle persone.
A questo proposito ha citato l’esempio di Meryl Streep che parlando all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a proposito della condizione delle donne ha detto – in modo pacato e gentile, ma particolarmente efficace – che “Oggi a Kabul una gatta ha più libertà di una donna: una gatta può sedersi all’aperto e sentire il sole sul suo viso, può rincorrere uno scoiattolo al parco. E lo scoiattolo ha più diritti di una ragazza in Afghanistan oggi perché i parchi pubblici sono stati chiusi alle donne dai talebani. Un uccello può cantare a Kabul, ma una ragazza no, non può farlo in pubblico“.

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