Acqua Istat

Acquedotti colabrodo nei comuni italiani

Come ogni anno ISTAT ha pubblicato i dati relativi alla distribuzione dell’acqua potabile da parte degli acquedotti dei 107 comuni capoluogo di provincia/città metropolitana.

Cone sappiamo, e come la prolungata siccità di quest’anno ci ha mostrato con grande evidenza, l’acqua è un bene molto prezioso. I dati però mostrano una realtà che sembra non esserne affatto consapevole.

Nel 2020 si può stimare che solamente nei 107 comuni capoluogo di provincia / città metropolitana ogni giorno siano andati persi più di 850.000 metri cubi di acqua potabile, in un anno sono più di 300 milioni di metri cubi di acqua, in termini economici, prendendo a riferimento la tariffa base di un operatore – 1,4075 euro a metro cubo – significa che ogni giorno “buttiamo via” 1.200.000 euro, in un anno quasi 450 milioni di euro!

Sono numeri davvero impressionanti, se poi pensiamo che i comuni italiani nel loro complesso sono circa 7.900 si ha l’idea di un Paese colabrodo. Ed infatti i dati ISTAT più recenti (regioni / province nel 2018) mostrano un totale di perdite a livello nazionale pari a 3.400.000 metri cubi al giorno di acqua potable persa, se moltiplichiamo per 365 giorni di un anno o per il costo unitario, otteniamo la dimensione di questa situazione disastrosa.

D’altra parte investire in infrastrutture che non si vedono, come gli acquedotti o le fognature, non crea favori nell’opinione pubblica, è molto meglio investire le risorse in attività che diano maggiore visibilità (sic).

Non si tratta certo di una novità, tanto e vero che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) prevede uno specifico Investimento “Riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti“, nella Componente: Tutela del territorio e della risorsa idrica (C4), della Missione: Rivoluzione verde e transizione ecologica (M2).

Ll’obiettivo dell’investimento previsto dal PNRR è realizzare almeno 25.000 km di nuove reti per la distribuzione dell’acqua potabile e ridurre le perdite idriche, soprattutto nel Mezzogiorno, introducendo sistemi di controllo avanzati e digitalizzati che permettano una gestione ottimale delle risorse, riducendo gli sprechi e limitando le inefficienze. 

La motivazione addotta è che la situazione italiana è caratterizzata da una gestione frammentata e inefficiente delle risorse idriche, da una rete di distribuzione antiquata (il 35 per cento delle condutture ha un’età compresa tra 31 e 50 anni) e da scarsa efficacia e capacità industriale dei soggetti attuatori nel settore idrico, soprattutto nel Mezzogiorno. Questo quadro determina un elevato livello di dispersione dell’acqua: nella distribuzione per usi civili, la perdita media è del 40 per cento, con punte superiori al 50 nel Sud del Paese. 

Il progetto punta al rinnovo di 25 reti per l’acqua potabile, per un totale di 25.000 chilometri di condotte, digitalizzandole e trasformandole in un “network intelligente” che favorisca la gestione ottimale delle risorse idriche, riducendo perdite e sprechi. I sistemi di controllo avanzati consentiranno il monitoraggio di portate, pressioni di esercizio e parametri di qualità dell’acqua non solo dei nodi principali, ma anche dei punti sensibili della rete. 

Tuttavia a fine luglio 2022 questo investimento – per il quale sono stanziati 900 milioni di euro – risulta ancora “da avviare”.

Ma quanto incidono questi investimenti, quanto è l’estensione totale della rete acquedottistica italiana. Non è facile reperire dati certi ed ufficiali. Utilitaria, l’associazione delle aziende che gestiscono gli acquedotti, in una infografica del 2017 parla di 500.000 km (compresi gli allacciamenti), un rapporto Ispra del 2009 sul sistema acquedottistico italiano indica un totale di 337mila km, con un dettaglio regionale. In ogni casol’intervento previsto dal PNRR su 25mila km copre una parte molto ridotta della rete nazionale di distribuzione dell’acqua potabile.

Ma vediamo la situazione delle perdite certificate da ISTAT nella mappa e nelle tabelle che seguono, che mostrano come – in misura diversa- questo è un problema che riguarda tutti.

A livello regionale il dato medio delle perdite di acqua potabile (anno 2018) era del 42% e ben 12 regioni si collocano al di sopra di questa percentuale già molto elevata, variando frail 43% della Toscana ed il 56% dell’Abruzzo.

A livello provinciale, sempre dati 2018, la realtà che ha la situazione peggiore è Frosinone con l'80%, seguita dalla vicina Latina con il 74%; le province che registrano perdite superiori alla metà della quantità di acqua potabile immessa in rete sono 28. Di poco sotto il 20% si colloca una sola provincia, quella di Milano.


Per quanto riguarda i capoluoghi di città metropolitana (dati 2020) la situazione peggiore (al di sopra del 50%) è quella di Cagliari, Messina e Catania. La migliore quella nel comune di Milano con il 13,5%, unico al di sotto del 20%.

Fra gli 83 comuni capoluogo di provincia i dati peggiori sono quelli di Chieti e Latina, entrambi al di sopra del 70%, comunque sopra il 50% sono si collocano ben 24 comuni, mentre sono 14 quelli al di sotto del 20%.

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