Emissioni Legambiente

Agricoltura, inquinamento e salute in Pianura Padana

Abbiamo visto in più occasioni come l’inquinamento atmosferico nel nostro Paese ed in particolare in Pianura Padana determini un numero notevole di morti premature.

Fra i determinanti di questa situazione, il contributo delle emissioni derivanti dalle attività agricole e di allevamento costituiscono una componente essenziale.

Il contributo delle emissioni di ammoniaca (NH3) ai livelli di particolato che si registrano in pianura Padana è sostanziale, e l’agricoltura, soprattutto per la gestione delle deiezioni zootecniche e l’uso di fertilizzanti, ne è la principale fonte. L’ammoniaca è infatti uno dei precursori fondamentali della produzione di aerosol secondari inorganici (ASI) – che rappresentano una parte significativa dei PM10 – ovvero quella componente di particolato non direttamente emessa, ma che deriva da reazioni chimiche nell’atmosfera di inquinanti gassosi già presenti, tra cui ossidi di azoto (NOx) e di zolfo (SOx) derivanti da traffico, impianti termici e attività industriali.

Il progetto INHALE (Impact on humaN Health of Agriculture and Livestock Emissions), coordinato da Università Bocconi e realizzato in partnership con il Centro Euro‐Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e Legambiente Lombardia, ha studiato in quali termini le emissioni derivanti dall’agricoltura concorrano ad elevate concentrazioni di particolato e, di conseguenza, possano determinare un connesso aumento di rischio sanitario per la popolazione in Lombardia. Dalla ricerca emerge la necessità, per le politiche di riduzione dell’inquinamento, di non ignorare le emissioni derivanti da fonti agro-zootecniche (ammoniaca), agendo allo stesso tempo sul fronte degli inquinanti da traffico (NOx).

“Ci siamo focalizzati sui dati di ARPA Lombardia, in particolare sulle concentrazioni di PM10 secondario (nitrati e solfati di ammonio), ammoniaca, ossidi di azoto, PM2.5 e PM10 totali” ha spiegato Lara Aleluia Reisscientist presso l’istituto di ricerca RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment (EIEE) del CMCC e coordinatrice del progetto INHALE. “Attraverso metodi di machine learning, abbiamo scoperto che durante il lockdown del 2020, nonostante lo stop di molte attività economiche e del traffico, le concentrazioni di aerosol secondari inorganici non sono diminuite quanto ci si sarebbe potuti aspettare, perchè non sono diminuite le emissioni del settore agricolo. Abbiamo inoltre stimato l’impatto di un singolo capo di bestiame sulla qualità dell’aria, rilevando che un aumento di un punto percentuale di bovini determina un aumento dell’1,8% nelle concentrazioni di ammoniaca e dello 0,8% nelle concentrazioni di PM10, mentre un aumento dello 0,3% di suini si traduce in un aumento medio dello 0,26% nelle concentrazioni di ammoniaca e dello 0,03% nelle concentrazioni di PM10. Questo lavoro ci ha infine permesso di fare previsioni per minimizzare la dispersione degli inquinanti in atmosfera e, di conseguenza, l’impatto sulla salute umana”.

Tramite modelli di statistica e di machine learning, il progetto Agrimonia (Agriculture Impact on Italian Air), ideato dall’Università di Bergamo in partnership con Leibniz University Hannover, Università degli Studi Milano-Bicocca e Università degli Studi di Torino, ha studiato la relazione tra concentrazioni di polveri sottili (PM2.5) ed emissioni di ammoniaca, tenendo in considerazione l’effetto della meteorologia e delle caratteristiche del territorio. A tal fine è stato utilizzato il dataset Agrimonia che contiene informazioni giornaliere di circa 50 variabili relative a inquinanti atmosferici (concentrazioni ed emissioni), meteorologia, numerosità dei capi di bestiame e struttura del territorio.

“I modelli statistici utilizzati ci hanno consentito di effettuare delle analisi di scenario, ovvero di valutare l’effetto atteso sulle concentrazioni di PM2.5 ipotizzando di ridurre le emissioni di ammoniaca” ha spiegato Michela Cameletti, Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Economiche all’Università degli Studi di Bergamo. “Da questa analisi emerge che la riduzione del 50% delle emissioni di ammoniaca comporta una riduzione media invernale per la pianura lombarda di circa 4 microgrammi (μg) al m3, pari al 10% della media delle concentrazioni di PM2.5. Riduzioni più marcate sono attese nella pianura bresciana dove l’attività zootecnica è molto sviluppata: la riduzione media è di circa 9 μg/m3, pari al 18% della media di PM2.5. Per le province di Cremona, Mantova, Bergamo e Lodi si stimano riduzioni comprese tra 5.7 e 4.4 μg/m3, mentre per le altre province le riduzioni attese sono inferiori a 1.5 μg/m3. Ipotizzando di ridurre del 100% le emissioni di ammoniaca si ha una riduzione per l’intera pianura lombarda pari a circa il 20%, con un picco del 36% per la provincia di Brescia”. 

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