Uno degli elementi fondanti di Ambientenonsolo è costituto dal richiamo costante al diritto alla “informazione ambientale”. Scrivevo in uno dei primi articoli pubblicati nel blog che “Quando si parla di informazione ambientale dobbiamo essere consapevoli che non si tratta di una “concessione” da chiedere, ma un diritto che tutti i cittadini hanno e che le amministrazioni pubbliche che le detengono hanno il dovere di mettere a disposizione di tutti.”
Per questo la vicinanza a realtà di cittadinanza attiva, che da sempre fanno della battaglia per la trasparenza la loro cifra distintiva.

Nonchè l’adesione di Ambientenonsolo alla campagna per individuare, ottenere, riformattare, pulire,
documentare, pubblicare e diffondere dati di interesse pubblico https://www.datibenecomune.it.
D’altra parte nella mia passata esperienza professionale come responsabile della comunicazione di ARPA Toscana ho avuto modo di constatare quanto siano le resistenze nei confronti della trasparenza riguardo ai dati ambientali, ad esempio quando dovetti fronteggiare le proteste / reclami da parte di amministratori locali per le “troppo veloci” diffusioni di notizie in merito a superamenti dei limiti per la balneazione marina in Versilia e di quelli relativi alle diossine da parte di un forno crematorio nell’aretino.
Per questo, quando ho visto la notizia diffusa da Legambiente Toscana in merito alla sentenza del TAR che ha accolto il ricorso dell’associazione ambientalista contro il diniego del comune di Carrara a fornire dati sull’estrazione di marmo da parte delle cave delle Apuane, ho chiesto all’Avv. Daniela Marra, con il quale “facciamo rete” sugli aspetti giuridici [vedi altri suoi articoli], di commentare questa sentenza, evidenziando gli aspetti che sono di interesse generale per tutti coloro ai quali sta a cuore l’ambiente.
La decisione in commento mi ricorda un aforisma che risale all’inizio del 1500 e che ho sentito citare spesso in convegni e, a volte, ho letto in monografie di diritto amministrativo. Esso così recita: “Spesso tra l palazzo e la piazza è una nebbia sì folta o un muto sì grosso che, non vi penetrando gli occhi degli uomini, tanto sa el popolo di quello che fa chi governa o della ragione perché lo sa, quanto delle cose che fanno in India”.
L’iperbole “indiana” rende ancora più dirompente la riflessione, ovvero la denuncia del Guicciardini che, da studioso e politico, stigmatizza l’assenza d’informazioni del popolo rispetto alle intenzioni di chi lo governa; utilizzando la metafora di una densa nebbia che si frappone tra i cittadini ed il “palazzo”, i governati sanno dei governanti tanto quanto ciò che accade in India.
Un’iperbole che sembra non più così attuale se si legge la sentenza in commento.
Essa è una pronuncia importantissima non solo perché ammette il diritto dei ricorrenti all’ostensione di documenti volti a conoscere gli esatti quantitativi dei materiali estratti da ogni cava operante in concessione presso il Comune di Carrara, sin dal 2005 e con l’indicazione delle singole società che operano per ogni punto di estrazione, ma è anche una decisione che fa il punto su tre temi che, a parere di chi scrive, risultano degni di nota.
In primo luogo la decisione ribadisce la profonda differenza tra l’accesso documentale (noto ai molti e disciplinato con la L. 241/1990) e l’accesso all’informazione ambientale (come previsto dal DLGS 195/2005, introdotto per la prima volta nel nostro sistema giuridico con il DLGS 39/1997, che ha recepito la Direttiva 90/313/CEE).
Quando il consociato è a formulare un accesso all’informazione ambientale è anzitutto necessario precisare che detta “informazione” è cosa ben più ampia rispetto al “documento amministrativo” detenuto dalla PA.
L’informazione ambientale è, per esemplificare, un dato non necessariamente già contenuto in un documento od un atto e, rifacendoci alla Direttiva Europea di riferimento, l’informazione ambientale è “qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale” concernente lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali.
Ebbene, prendendo un esame la sentenza, da questo primo punto di vista si può dire che le informazioni aventi ad oggetto la quantità di pietra naturale estratta dalle diverse cave carrarine, suddivisa per singola cava e ascrivibile alla società titolare della relativa concessione: è un’informazione ambientale poiché permette la conoscenza dello stato ambientale delle Alpi Apuane, ovvero dello stato del suolo, quale risorsa ambientale limitata e non rinnovabile. Così precisa la sentenza.
Ciò che in effetti è richiesto dall’associazione ricorrente è di accedere ad un’informazione che rientra nella nozione d’informazione ambientale e non in quella di documento amministrativo, con il conseguente favor della sua ampiezza. Potendo quindi domandarsi l’ostensione non solo di documenti o atti dell’amministrazione ma anche di dati o risultanze che impattano sull’ambiente. Ad esempio le quantità di marmo via via estratto negli anni, per ogni singola cava e per ogni società ivi operante.
In secondo luogo, come previsto dalla normativa di riferimento (DLGS 195/2005) che la sentenza richiama più volte, il collegio si sofferma sul soggetto che avanza la domanda di accesso.
Colui che formula la domanda di ostensione deve naturalmente essere titolare di un interesse specifico ma esso è qualcosa di profondamente diverso rispetto all’interesse imposto per l’accesso ai documenti amministrativi contenuto nella Legge 241 del 1990; ivi è richiesto come condicio sine qua non un interesse “diretto, concreto ed attuale”, ovvero corrispondente ad una situazione giuridica collegata “direttamente, concretamente ed attualmente” al documento di cui si chiede l’acquisizione.
Tuttavia, come s’è detto in principio, il ricorrente non aveva domandato al Comune di Carrara di accedere ad un determinato atto della PA, bensì ad un’informazione ambientale, concernente lo stato attuale di una risorsa limitata quale è il suolo e la sua pietra naturale.
Il TAR, pertanto, fatta questa differenza tra documento amministrativo e informazione ambientale, ricorda che la seconda rappresenta un’eccezione rispetto all’accesso in generale e che “l’informazione ambientale detenuta da un’autorità pubblica è accordata a “chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse”.
Da questo secondo punto di vista quindi, in caso d’informazione ambientale non è richiesto alcun interesse “diretto, concreto ed attuale”, divergendo profondamente dall’accesso agli atti ex L. 241/1990.
Tale approdo giurisprudenziale è pacifico e oramai granitico nella giurisprudenza amministrativa italiana.
Anche di recente infatti, il Consiglio di Stato, con sentenza del 13.1.2025 n. 179 ha così stabilito: “Anche se il D.Lgs. n. 195 del 2005 ammette chiunque all’accesso alle informazioni in materia ambientale, tale diritto deve essere esercitato con l’interesse genuino alla tutela ambientale. Se l’interesse è di natura economico-imprenditoriale, mascherato da interesse ambientale, l’istanza può legittimamente essere respinta.”.
E da tale sentenza si giunge al terzo punto degno di nota che tocca la sentenza: la genuinità della richiesta dell’associazione.
Per genuinità nel caso sottoposto al TAR Toscana può intendersi l’assenza di un secondo (e ad esempio) fine imprenditoriale dell’associazione richiedente l’ostensione.
Ma essa può davvero avanzare una domanda di accesso all’informazione ambientale sullo stato delle cave di Carrara con la quale domandi i dati delle società estrattive ivi operanti?
La risposta del Tribunale è affermativa.
Il soggetto richiedente, infatti, dalla lettura della sua richiesta, non è interessato ad acquisire neppure indirettamente segreti commerciali, know how d’impresa o dati concorrenziali e, pertanto, il Comune non avrebbe dovuto rigettare la richiesta opponendo la lesione degli interessi commerciali delle società concessionarie, rilevando l’aspetto “non genuino” della richiesta.
Difatti il TAR Toscana, dopo aver compiuto l’esame sulla nozione d’informazione ambientale ed averlo calato nella fattispecie di causa, successivamente ad aver rinvenuto il legittimo interesse dell’associazione ambientalista a ricorrente, si sofferma sull’eventuale lesione delle società estrattive rispetto all’ostensione dei propri dati.
A parere dei giudici l’associazione ricorrente agiva per conoscere lo stato attuale dello sfruttamento dei luoghi di causa e, in particolare, dello stato attuale della risorsa quale è il suolo toscano e, dalla lettura della richiesta di accesso in atti, non si poteva evincere alcuna intenzione (non genuina) di accedere ad informazioni commerciali.
La difesa del Comune, nella parte in cui eccepiva il fatto che comunicando i dati dei singoli operatori commerciali avrebbe leso i loro interessi economici, è stata rigettata.
Dal tenore e contenuto della domanda di accesso non poteva evincersi alcuna possibilità (neppure indiretta) di ottenere diritti afferenti la proprietà intellettuale, industriale e, in sintesi, quanto previsto tra le eccezioni all’ostensione di informazioni ambientali contenute all’art. 5 del DLGS 195/2005.
Ne discende un pronunciamento che, a sommesso parere di chi scrive, dà ancora più sostanza ad un diritto, oramai acquisito, ovvero quello di conoscere il reale stato del nostro ambiente, anche quando questo è legalmente concesso per il suo sfruttamento.
Andando a dissolversi quella nebbia di cui parlavo all’inizio che, ove dissolta, fa comparire nel rapporto bilaterale tra cittadino e PA anche un terzo soggetto, la natura vera propria, con i sui diritti. In primis quello di essere conosciuta da tutti noi, nel suo effettivo stato di salute, tramite appunto l’accesso alle informazioni ambientali.
Così da mettere in pratica il messaggio che è in nuce dalla recente riforma costituzionale, ovvero ciò che prevedono i novellati articoli 9 e 41 della nostra Carta.
Avv. Daniele Marra


In merito al diritto alle informazioni ambientali mi è difficile comprendere il motivo per cui spesso non vengono rese disponibili quelle sui dati anemologici nell’ambito di progetti di impianti eolici.