Cambiamento climatico COP Nazioni Unite

COP27: bicchiere quasi vuoto

Si è conclusa in Egitto la COP27, di cui abbiamo parlato nell’articolo di Paolo Lauriola (ISDE) Appunti sulla prima settimana della COP27 a Sharm El Sheikh (Egitto) e in Cop27: Guterres, il mondo rischia un suicidio collettivo.

La conferenza mondiale sul clima ha approvato lo “Sharm el-Sheikh Implementation Plan”, il principale dei vari documenti licenziati, disponibili sul sito dell’agenzia delle Nazioni Unite per il Cambiamento climatico

Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea – che era intervenuto alla Conferenza -, ha definito l’accordo raggiunto “non sufficiente”, aggiungendo che “troppi paesi non sono pronti a fare progressi nella lotta contro la crisi climatica“.

Dello stesso segno le parole del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che ha commentato “Il nostro pianeta è ancora nella sala emergenze del pronto soccorso. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora, e questo è un tema che questa Cop non ha affrontato. Il mondo ha ancora bisogno di un gigantesco salto di qualità per quanto riguarda le ambizioni climatiche.

Parole chiare che, dopo aver riconosciuto i passi avanti fatti dalla Cop27 su alcuni temi, come sul meccanismo Loss&Damage, rimettono al centro un dato che non si può trascurare: l’inadeguatezza di quanto deciso rispetto al primo imperativo cui rispondere, che è il repentino e radicale taglio delle emissioni di gas e effetto serra.

A livello italiano segnaliamo il commento di Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club, “il principale risultato della COP27, e cioè la sofferta decisione di avviare la creazione di un fondo per la riparazione dei danni climatici delle nazioni più sfortunate. Il tema del “Loss and Damage”, che i paesi ricchi avevano a lungo cercato di evitare, in Egitto si è sbloccato grazie all’intervento della UE che ha chiesto di indirizzare le risorse che verranno raccolte ai paesi più vulnerabili.  La scelta europea e la pressione dei paesi in via di sviluppo hanno sbloccato anche la posizione degli USA, in passato sempre contrari a questa misura. Peraltro, sarà tutto da verificare l’appoggio del nuovo Congresso al finanziamento di questa misura. La creazione del fondo L&D imporrà ovviamente anche una revisione della categoria dei paesi in via di sviluppo, che oggi racchiude paesi come la Cina e l’Arabia Saudita. Alla fine della conferenza il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha giustamente commentato: “Il fondo Loss and Damage rappresenta uno strumento importante, ma se non adotteremo obiettivi più ambiziosi le piccole isole scompariranno nell’oceano e l’Africa si trasformerà in un deserto.”

Loss&Damage

L’accordo sulla creazione di un fondo per il Loss&Damage, ovvero per risarcire perdite e danni prodotti dai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo è la principale novità che esce dalla Cop27.

Si prevede che il fondo possa diventare operativo tra alcuni anni; serviranno infatti altre tornate negoziali per definire il meccanismo di finanziamento e di distribuzione delle risorse. Ma nonostante il cammino sia appena all’inizio, la decisione è storica e gli Stati più vulnerabili, che si battono per ottenere questo risultato da trent’anni, l’hanno giustamente salutata come tale.

La novità tuttavia è di enorme rilievo non solo per i paesi che ne beneficeranno. Da un punto di vista simbolico – e soprattutto politico – l’accordo consacra infatti il riconoscimento di uno dei principi che fondano il concetto di giustizia climatica: chi meno ha contribuito a produrre l’emergenza ed è costretto a pagare un prezzo altissimo a causa dell’asimmetria degli impatti climatici, ha diritto ad essere compensato e risarcito da chi ha responsabilità storiche maggiori, oltre che più mezzi finanziari e tecnologici.

Il paradosso è che la decisione raggiunta su Loss&Damage è ancor più fondamentale di fronte all’incapacità, confermata da questa COP, di prevedere misure concrete di mitigazione. Se i gas a effetto serra continueranno a crescere con i trend attuali infatti, impatti climatici e disastri saranno sempre più frequenti e drammatici.

Obiettivo 1,5°C

A un certo punto delle negoziazioni si è temuto che per approvare il documento finale venisse tolto dal testo il riferimento all’obiettivo dei 1,5°C. Nella versione definitiva invece il riferimento è presente.

L’obiettivo primario previsto nell’Accordo di Parigi di mantenere l’innalzamento delle temperature a fine secolo “ben al di sotto dei due gradi” si è infatti poi tradotto nell’indicazione secondo cui è fondamentale non superare la soglia di sicurezza dei +1.5°C. Ciò sulla base del Report Global warming of 1.5 °C, pubblicato del 2018 dell’IPCC, che ha calcolato l’enorme differenza di impatto che mezzo grado in più di aumento avrebbe su tutti gli indicatori climatici e di conseguenza sui diritti umani.

Contrasto all’emergenza climatica

La maggiore delusione che arriva dall’Egitto riguarda il fronte del contrasto all’emergenza climatica. In altre parole, mancano misure per ridurne la causa principale: la combustione di fonti energetiche fossili.

La verità dei fatti, ribadita dalle evidenze contenute nei report presentati poco prima o durante la Cop (come l’Emission Gap Report della Unep e il report State of the Global Climate della WMO) è che gli impegni attualmente in campo sono nettamente insufficienti a contenere le temperature entro i livelli previsti dall’Accordo di Parigi e che le concentrazioni di CO2 in atmosfera – come abbiamo visto in A febbraio e marzo una media mensile intorno a 419 ppm di anidride carbonica in atmosfera, come pure le emissioni globali, continuano a crescere anno dopo anno, portandoci – come aveva denunciato Guterres nel suo intervento – verso un “suicidio collettivo”. Per questo, rivedere le ambizioni al rialzo non è rimandabile. Elemento che il documento finale della Cop27 ha deluso del tutto.

Nella decisione finale, la sezione sulla mitigazione invita genericamente a ridurre i gas serra, ribadendo l’obiettivo (minimo) di tagliare del 43% le emissioni globali entro il 2030 sui livelli del 2019. Cita tra gli sforzi da accelerare, la riduzione graduale del carbone e l’eliminazione sempre graduale degli “inefficienti” sussidi ai combustibili fossili che, abbiamo visto n un precedente articolo sono in realtà quasi raddoppiati nel 2021, rallentando i progressi verso gli obiettivi climatici internazionali, secondo una nuova analisi dell’OCSE e dell’IEA.

Allo stesso tempo, i tre punti dedicati all’energia fanno riferimento al potenziamento delle energie rinnovabili e “a basse emissioni” (quest’ultime non meglio precisate), ma mancano ancora una volta riferimenti temporali e obiettivi quantitativi sullo sviluppo delle energie rinnovabili, mentre il report Obiettivi per le energie rinnovabili nel 2022: Una guida alla progettazione, presentato dall’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) alla Conferenza, mostra chiaramente come sia insufficiente il livello di ambizione in materia di energia rinnovabile negli impegni nazionali in materia di clima e negli obiettivi di riferimento rispetto all’obiettivo globale di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 @C.

Una delle proposte sui combustibili fossili su cui nei giorni della Cop27 si era concentrata molta attenzione proveniva dall’India. che aveva proposto di inserire nel testo finale anche il phase down di petrolio e gas, contro la quale si sono però espressi i paesi produttori di combustibili fossili, e che quindi è stata stralciata dal testo finale.

Tutto il tema della mitigazione è dunque ai margini dell’accordo, trattato nel testo finale con affermazioni vaghe e generiche. L’unico avanzamento riguarda un’iniziativa multilaterale che già a Glasgow era stata degna di attenzione, l’accordo per la riduzione delle emissioni prodotte dal metano, ovvero il Global Methane Pledge passato da 105 a 150 paesi aderenti nell’ambito della Cop27. Non è molto, e non è neppure abbastanza, ma in una fase di crisi energetica in cui la corsa al metano è la nuova corsa all’oro, è comunque un risultato da citare.

Verso COP28

E’ difficile pensare che la prossima Conferenza, che si svolgerà negli Emirati Arabi, tra i principali produttori mondiali di petrolio e gas, possano venire risultati più avanzati, il ruolo delle ONG e di movimenti come Fridays For Future sono indispensabili per muovere i Paesi verso azioni più decise per contrastare l’emergenza climatica, ma le cupe previsioni del Segretario Generale dell’ONU sembrano sempre più incombenti sull’Umanità.

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